RAEE: dal canale abusivo una bomba ecologica

Un deposito di RAEE

Deposito abusivo o discarica?

Entro il 2019 l’Italia dovrà raccogliere l’85% del totale di RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) e avrà tempo fino al 2014 per recepire le nuove regole europee in materia. Questo significherà un incremento sostanziale dei volumi di raccolta – stimati in 980 mila tonnellate di RAEE – e un conseguente innalzamento dei costi di sistema che potrebbero raggiungere i 740 milioni di euro. Ci sono però  alcuni punti critici, a cominciare dagli effetti negativi del canale informale,  su cui è necessario lavorare per garantire agli operatori della filiera maggiore chiarezza e rispetto delle regole.

Alla luce di questo, ReMedia, Sistema Collettivo per la gestione eco-sostenibile di tutte le tipologie RAEE, pile, accumulatori al piombo e impianti fotovoltaici, ha svolto uno studio – il primo in Italia – sulle implicazioni economiche e operative della nuova Direttiva Europea in tema di RAEE. La ricerca è stata presentata presso la Camera dei Deputati di Roma nel corso dell’evento organizzato dalla Fondazione Symbola dal titolo “RAEE: minaccia ecologica o miniera urbana?”. Partendo dai dati raccolti e analizzando la situazione anche dal punto di vista economico del Sistema RAEE in Italia, ReMedia chiede alle Istituzioni un intervento forte a livello normativo per assicurare il reporting e la tracciabilità dei rifiuti tecnologici e raggiungere così gli obiettivi richiesti dalla nuova Direttiva Europea.

Accanto al Sistema Ufficiale dei RAEE, composto dai sistemi collettivi, opera il canale informale, composto da operatori commerciali che si occupano della raccolta dei rifiuti tecnologici senza essere in regola con gli standard richiesti e senza garantire reporting e tracciabilità allo Stato. Secondo lo studio condotto da ReMedia, i RAEE generati in Italia nel 2011 ammontano a circa 880.000 tonnellate, pari a 14,6 kg/abitante, ma i sistemi collettivi ne hanno raccolti soltanto 4,3, pari al 37% dei flussi complessivi. Circa 5 kg/abitante vengono gestiti dal canale informale, altri 5 kg/abitante vanno a comporre il “disperso” (rifiuti non intercettati).Ne risulta che 10 kg/abitante non seguono il flusso ufficiale generando un grave danno a livello ambientale, economico e della salute dei cittadini.

In particolare, non è certo che i RAEE gestiti dagli operatori al di fuori del sistema ufficiale utilizzino impianti tecnologicamente adatti e seguano le corrette procedure di smaltimento. Inoltre, non dovendo sostenere i costi per la messa a norma delle strutture, gli operatori informali ne risultano economicamente avvantaggiati da una situazione di concorrenza sleale. La situazione e i conseguenti danni saranno ancora più grave pensando al 2019, quando i volumi di RAEE domestici aumenteranno in maniera considerevole.

Analizzando la filiera partendo dai produttori lo studio mette in luce un primo grande problema: quello dei free rider, i produttori non iscritti al registro nazionale o che dichiarano al Centro di Coordinamento RAEE meno di quanto immettono effettivamente sul mercato. Stimando un immesso sul mercato (POM) 2011 pari a 1,2 milioni tonnellate di AEE (20 kg/abitante), infatti, ben 300 mila tonnellate (5 kg/abitante) vengono “inghiottite” dai free rider. Questo causa un aggravio di costi per i produttori che rispettano le regole pari a circa 15 milioni di euro l’anno.

“Lo studio ReMedia è molto importante – ha affermato Fabio Renzi, Segretario generale Fondazione Symbolaperché pone le basi di un lavoro per la raccolta, il corretto riciclo e la tracciabilità dei RAEE che va fatto entro il 2013, dovendo l’Italia recepire per metà febbraio 2014 la direttiva europea di settore. Un fatto che apre una nuova promettente ‘frontiera’ di sviluppo della green economy e che, stimolando nuove filiere e nuovi standard di efficienza nel riutilizzo di materie prime secondarie, rappresenta una importante opportunità per un grande paese manifatturiero come l’Italia”.

Il sistema ufficiale di gestione dei RAEE domestici sfiora un costo di 180 milioni di euro, che, in un ipotetico scenario formulato da ReMedia per il 2019, potrebbe superare i 700 milioni di Euro, per una raccolta di quasi 1 milione di tonnellate. Alla copertura dei suddetti costi partecipano tutti gli attori della filiera, Produttori, Enti Locali, Consumatori e Distributori.

“I dati e l’analisi dei flussi del settore sono un elemento fondamentale per evidenziare le problematiche della filiera dei RAEE, considerando le evoluzioni future e i nuovi obiettivi imposti dall’UE”, ha affermato Danilo Bonato, Direttore Generale di ReMedia. “Alla luce della situazione che emerge dallo studio, è chiaro che serve un cambiamento a livello normativo che impedisca agli operatori non ufficiali di sottrarre una parte consistente di rifiuti tecnologici causando danni di grande rilevanza. Inoltre, occorre lavorare per ottimizzare i modelli di raccolta, grazie ad un forte l’impegno degli Enti Locali e della distribuzione, consentendo allo stesso tempo ai Produttori di poter contare sulla visible fee, strumento essenziale per assicurare trasparenza ed equilibrio finanziario al sistema”.

Pubblicato da Michele Ciceri il 2 Ottobre 2012