Malattie e cambiamenti climatici

bambino con mascherina

Malattie e cambiamenti climatici” è il nuovo articolo frutto della collaborazione tra la Sezione Valorizzazione della Ricerca e Public Engagement – Agorà Scienza – e dal Green Office UniToGO dell’Università di Torino con la IdeeGreen S.r.l. Società Benefit.

L’articolo riprende i testi della dott. Riccardo Orusa e del Prof. Enrico Bollo pubblicati nell’opera “Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico”, la seconda edizione della guida linguistica e scientifica per orientarsi nelle più urgenti questioni relative al riscaldamento globale, curata dalla Sezione e dal Green Office.



La versione gratuita di Lessico e Nuvole, sotto forma di file in formato .pdf, è scaricabile dalla piattaforma zenodo.org.

La versione cartacea e l’eBook sono acquistabili online sulle seguenti piattaforme di distribuzione:

– youcanprint.it

– Amazon

– Mondadori (anche con Carta del Docente e 18app)

– IBS

– Libreria Universitaria (anche con Carta del Docente e 18app)

Tutto il ricavato delle versioni a pagamento sarà utilizzato dall’Università di Torino per finanziare progetti di ricerca e di public engagement sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.

Cambiamenti climatici e malattie sia di natura fisica sia psicologica

Oggi i cambiamenti climatici rappresentano, in modo inequivo­cabile, una tema al centro di numerose discussioni ed evidenze scientifiche in molte discipline, anche diverse dalla climatologia e dalle scienze ambientali. Mai come in questi ultimissimi anni le discussioni e le ricerche sui cambiamenti climatici si connettono e intersecano, molto strettamente, con alcune malattie sia di natura fisica sia psicologica, così come con malattie degli animali o veico­late da vettori (insetti o animali).

Le malattie con caratteristiche zoonosiche e le emergenze da loro poste in essere possono essere emergenti, riemergen­ti o in talune situazioni anche nuove (come la SARS-CoV-2) poiché poco conosciute o studiate o perché in altri casi si sono già manifestate, anche solo parzialmente, in passato. Nel corso degli ultimi decenni, a causa del consumo irrazionale e spregiudicato delle risorse naturali, della compressione degli spazi ambientali, sempre più limitati, e della pressione sugli ecosistemi, gli impatti del cambiamento climatico hanno innescato variazioni ancora in buona parte sconosciute e in fase di ricerca nei patosi­stemi, in particolare nella relazione ospite – patogeno a seguito delle nuove condizioni ambientali in continuo mutamento. Alcune di queste malattie, a seguito delle nuove condizioni createsi, pos­sono riguardare la sfera psico-fisica delle persone più vulnerabili e non, altre ancora quella fisica indipendentemente dal benessere psicologico.

Spillover, il salto di specie tra diversi animali e tra ani­mali e uomo

Le nuove condizioni climatiche e la pressione sugli ecosiste­mi sembrano aver innescato negli ultimi decenni, come te­stimoniato da numerosi studi in campo medico e medico-ve­terinario, un aumento e insorgenza di nuove malattie sia di natura biotica sia abiotica, a livello sia umano sia animale.

Recenti ricerche in campo veterinario hanno messo in luce come negli ultimi decenni il salto di specie tra diversi animali e tra ani­mali e uomo, ossia lo spillover – come ad esempio nel caso di virus pericolosi (MERS, SARS-CoV, Hendra, Ebola, ecc.) – sia aumentato, così come la capacità di diffondersi in areali in passato sconosciuti (in parte anche a seguito di una scarsa profilassi e di un consu­mismo globalizzato).

Nel caso di alcune patologie, in particolare le zoonosi e/o quelle veicolate da vettori, in cui i cambiamenti climatici sembrano rivestire un ruolo importante nella loro insor­genza, al pari dell’eccessiva pressione antropica sugli ecosistemi, non è ancora ben chiaro (e perciò in continua fase di studio), se le nuove condizioni favoriscano il patogeno o sfavoriscano l’ospite o entrambe le situazioni, o ancora altri meccanismi.

Alcune zoonosi, per lo più causate da vettori (in particolare da dette ecto-pa­rarassiti, tra cui ad esempio zanzare e zecche) sono certamente dipendenti e strettamente correlate a un aumento del­le temperature e dell’umidità e agli eventi meteorologici estremi con annesse allu­vioni, non necessariamente acute o gravi.

L’emergenza delle zoonosi è un fenomeno di natura universale e il suo impatto sugli eco­sistemi, sulla natura, sulle popolazioni uma­na e animale può essere molto consistente e importante, ed è in grado di rappresen­tare un grave rischio sia di natura sanitaria, sempre preponderante, sia economica con gravi ricadute in ambito globale (ad oggi infatti l’Europa sta attraversando una delle più grosse epidemie animali della sua storia con la diffusione della peste suina africana).

Il miglior strumento di difesa intra ed in­ter-specie contro queste potenziali epide­mie e pandemie appare la profilassi, che richiede non solo un approccio clinico, ma una visione di sistema, un pensiero siste­mico e integrato tra medici, veterinari, fore­stali, fisici, ecc.

Che cosa fare?

Di certo iniziare con il contenere la massiccia erosione della biodiversità (una crisi talora più taciuta di quella climatica, considerando che è proprio da un biodiversità ricca che parte la resistenza e resilienza nei confronti dei patogeni per elaborare cure e vaccini, oltre che di importanza per il sistema glo­bale), favorire una cultura della prevenzione e della profilassi fornendo idonei strumenti conoscitivi di gestione del territorio, della sostenibilità e delle buone pratiche in sa­nità animale e alimentare (dalla formazione del cacciatore a quella dell’allevatore) sono gli strumenti più utili per evitare di inne­scare rischi sanitari esacerbati dalle varia­zioni spesso inattese del sistema climatico con effetti imprevisti sul sistema sanitario.

È sbagliato puntare sulla capacità d’urto del sistema sanitario: occorre consapevolezza. In questo frangente la velocità e la raziona­lità azioni intraprese sono condizioni essenziali e fondamentali per offrire rispo­ste plausibili e pragmatiche. Come emerso per esempio da uno studio del GIEC (Grup­po Intergovernativo sulla Evoluzione del Clima) occorre e sarà necessario conoscere e intersecare sempre di più ogni dato ed evidenza scientifica su questa materia, e immaginare e configurare di conseguenza i differenti scenari che ne potranno derivare per il nostro futuro che tutti/e e dovunque nel mondo potremmo dover affrontare.

Ad oggi ancora una parte consistente del­la letteratura scientifica esistente tratta le malattie umane solo a livello clinico, spesso non fornendo un quadro connesso alla di­mensione ambientale e climatica. Maggiori risultano, invece, le esperienze in ambito di sanità pubblica e di medicina veterina­ria che, per fortuna, negli ultimi anni sono sempre più incentrate, focalizzate e colle­gate al comparto ambientale e in cui emer­ge la forte connessione tra i cambiamenti climatici, le malattie in ambito animale e la loro gestione epidemiologica.

Questa gestione e il relativo controllo, che si traduce anche in conoscenza epi­demiologica, non solo predittiva, sono ba­sati per lo più, come per la climatologia, su modelli matematici. Ciò comporta un migliore e più adeguato livello di approc­cio metodologico con una visione olisti­ca e integrata di tutti i fattori e i dati che vengono inseriti e che comportano degli effetti sulla biodiversità, sui vari sistemi biologici e sui loro meccanismi di trasmis­sione, nonché sulla distribuzione dei pa­togeni e sugli impatti eco-patologici che portano poi a migliori conoscenze e azio­ni di mitigazione nei confronti degli stessi agenti a tutela degli esseri umani e animali. A tal proposito, negli ultimi anni un impor­tante ruolo è stato assunto dagli EO (Earth Observation) Data, utilizzati per cercare di meglio comprendere le relazioni del pato­sistema.

Una buona conoscenza dell’impatto eco-pa­tologico di un agente infettante, che sia un batterio, un virus, un parassita, un micoplasma, o di un disturbo psicologico, con­sente una migliore valutazione della analisi del rischio reale da affrontare, che consegue, spes­so, a un migliore e più appro­priato uso delle risorse, con un generale beneficio di risposte adeguate. E infine garantisce un migliore quanto corretto uso delle risorse pubbliche verso ambiente e società, fornendo risposte scientifiche corrette a fronte di un clima che cambia.

Per un maggiore approfondi­mento di tutti i fenomeni e le tematiche citate in questo te­sto, si consiglia la lettura delle voci: “Malattie da vettore e cli­ma”, “Malattie infettive e cam­biamenti climatici”, “Distrurbi psicologici da cambiamenti cli­matici”, “Zoonosi”, “Spillover”, “One Health”.

  

dott. Riccardo Orusa, Istituto Zooprofilattico Sperimentale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta (IZS PLV) – SC Valle d’Aosta – CeRMAS (Centro di Referenza Nazionale per le Malattie degli Animali Selvatici)

prof. Enrico Bollo, Dipartimento di Scienze Veterinarie – Università di Torino

 

Bibliografia

– Latini Gianni, Bagliani Marco, & Orusa Tommaso. (2020). Lessico e nuvole: le parole del cambiamento climatico – II ed., Università di Torino. Zenodo. http://doi.org/10.5281/zenodo.4276945

– AA.VV. (2008): “Climate Change: impact of the epidemiology and control of animal diseases”. Rev. Sci. Tech. OIE, 27 (2), pp.305-306, 319, 343, 362

– Aguirre A.A. et al. (2002): “Conservation Medicine: ecological health in practice”. Oxford Univ. Press, N.Y.

– Baylis M., Githeko A.K. (2006): “The effects of climatic change on infectious diseases of animals in infectious diseases preparing for the future”. Office of Science and Innovation. UK, 35 pp.

– Benegal S.D. (2008): “The spillover of race and racial attitudes into public opinion about climate change”. Environmental Politics, 27.4, 733-756.

– Daszak P., Cunningham A.A., Hyatt A.D. (2000): “Emerging infectious diseases of wildlife: threats to biodiversity and human health”. Science, 287, 443-449.

– Doherty T.J., Clayton S. (2011): “The psychological impacts of global climate change”. American Psychologist, 66.4, 265.

– Gerardo M. et al. (2018): “Climate change could increase the geographic extent of Hendra virus spillover risk”. EcoHealth, 15.3, 509-525.

– Hunter P.R. (2003): “Climate change and waterborne and vector borne disease”. J. Appl. Microbiol., 94, 37S-46S.

– Mattar S., Edwards E., Gonzales M., Alvarez J., Komor N. (2005): “West Nile virus antibodies in Colombian horses”. Emerg. Infect. Dis., 11, 1497-1498.

– Reychard R.E. (2002): “Area wide biological control of diseases vectors and agents affecting wildlife in infectious diseases of wildlife: detection, diagnosis and management”. R.G. Bengis Ed., Rev. Sci. Tech. OIE, 21 (1), 179-185.

– Wigley T.M.L. (2005): “The climate change commitment”. Science, 307, 1766-1741.