Evento meteorologico estremo ed evidenze dei cambiamenti climatici

evento meteorologico estremo

Evento meteorologico estremo ed evidenze dei cambiamenti climatici” è il nuovo articolo frutto della collaborazione tra la Sezione Valorizzazione della Ricerca e Public Engagement – Agorà Scienza – e dal Green Office UniToGO dell’Università di Torino con la IdeeGreen S.r.l. Società Benefit.

L’articolo riprende i testi del prof. Claudio Cassardo, della prof. Elisa Palazzi, del dott. Tommaso Orusa e del prof. Marco Bagliani pubblicati nell’opera “Lessico e Nuvole: le parole del cambiamento climatico”, la seconda edizione della guida linguistica e scientifica per orientarsi nelle più urgenti questioni relative al riscaldamento globale, curata dalla Sezione e dal Green Office.



La versione gratuita di Lessico e Nuvole, sotto forma di file in formato .pdf, è scaricabile dalla piattaforma zenodo.org.

La versione cartacea e l’eBook sono  acquistabili online sulle seguenti piattaforme di distribuzione:

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– Mondadori (anche con Carta del Docente e 18app)

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Tutto il ricavato delle versioni a pagamento sarà utilizzato dall’Università di Torino per finanziare progetti di ricerca e di public engagement sui temi dei cambiamenti climatici e della sostenibilità.

Definizione di evento meteorologico estremo

Gli eventi meteorologici estremi sono condizioni che si disco­stano dalle caratteristiche medie tipiche di un certo luogo e pos­sono interessare in misura variabile il sistema socio-economi­co, quello fisico e biologico. Nonostante esistano varie descrizioni possibili di evento meteorolo­gico estremo, esso può essere definito come un valore meteorologi­co molto grande o molto piccolo che si realizza raramente. Secondo l’IPCC (2001, p.790), all’interno della distribuzione di probabilità di una certa variabile meteorologica (ad es, la temperatura o la precipitazione), un evento è classificabile estremo se è più raro del suo 10° o 90° percentile (il percentile è una mi­sura usata in statistica per raffrontare una o più caratteristiche di un elemento in rapporto a quelle degli altri elementi dello stesso insieme; esso viene solitamente usato per definire ciò che è “normale” e ciò che è “anomalo” – N.d.C.).

Inoltre, generalmente l’evento estremo è collegato a notevoli danni economico-so­ciali (Easterling et al., 2000). Ne sono esempi: i picchi di temperatura o le on­date estreme di calore, gli uragani/tifoni, le tempeste di vento e le precipitazio­ni estremamente intense. Sebbene la loro intensità e frequenza si­ano cresciute nel tempo (Wisner et al., 2004), data la loro rarità è difficile studiarli e prevederli anche se a oggi vi sono nu­merose ricerche attive in proposito.

foresta distrutta

L’evento meteorolog­ico estremo battezza­to “tempesta di Vaia” nell’autunno 2018 ha colpito le Alpi centro orientali provocando migliaia di ettari di schi­anti da vento nei boschi di Veneto, Trentino Alto Adige, Lombardia e Friuli Venezia Giulia, tra cui anche il mitico bosco dei violini di Stradivari.

Fonte: Società Italiana di Selvicoltura ed Ecologia Forestale (sisef.org).

Evidenze dei cambiamenti climatici

Le osservazioni del sistema climatico si basano sulle misurazioni puntuali e, negli ultimi decenni, anche sul telerilevamento da satel­liti e altre piattaforme. Le ricostruzioni paleoclimatiche con proxy data permettono di ricostruire dati climatici fino a centinaia di mi­lioni di anni fa, analizzando archivi naturali (che hanno tenuto traccia della risposta alle variazioni climatiche) come carote di ghiaccio o di sedimenti lacustri e marini, anelli degli alberi, pollini fossili, etc.. Presi nel loro complesso, questi dati forniscono una panoramica completa ed esauriente della variabilità e dei cambia­menti a lungo termine nelle differenti componenti del sistema climatico.

Per meglio capire come i forzanti sia naturali sia antropici possano agire sul sistema climatico, determinandone i cambiamenti, i ricercatori utilizzano ad esempio serie storiche di variabili meteorologiche come temperatura, precipitazione, così come altre grandezze fisi­che, definendone quantitativamente l’andamento nel tempo.

A livello tecnico si svolgono due tipi di analisi (Bagliani et al., 2019):

  • Rilevazione (detection): concerne il processo di individuazio­ne di variazione statistica nelle variabili del sistema climatico. L’operazione di rilevazione non mira ad accertare quale sia la causa del cambiamento, ma unicamente a stabilire, in modo scientifico, l’esistenza di variazioni statisticamente significati­ve di uno o più componenti del sistema climatico. Sono identi­ficati come variazioni unicamente quelle che hanno una bassa probabilità di verificarsi per caso, a causa della sola variabilità interna.
  • Attribuzione (attribution): concerne lo studio delle cause dei cambiamenti climatici evidenziati mediante la fase di rileva­zione. Questa analisi prende in considerazione tutti i forzanti che possono aver giocato un ruolo significativo nella variazio­ne climatica oggetto di studio. Tale fase unisce, all’analisi sta­tistica, la conoscenza fisica dei diversi forzanti, consentendo di determinare quali tra essi sono intervenuti, e quali sono i contributi relativi e la loro confidenza statistica.

In questi ultimi anni vi sono state molte analisi che, in modo indi­pendente, hanno rilevato importanti cambiamenti nel sistema cli­matico, che riguardano numerosi aspetti e componenti. Da questo ampio corpus di studi emerge che il riscaldamento globale è “ine­quivocabile” e che «dalle profondità oceaniche fino alla cima della troposfera, l’evidenza di aria, suolo ed oceani più caldi, di ghiaccio che fonde e di mari che si innalzano, punta inequivocabilmen­te un fatto: il mondo si è riscaldato dalla fine del XIX secolo» (Hartmann et al. 2013, 188). La figura proposta, ripresa da (Hartmann et al. 2013, 161) mostra l’evoluzione tempora­le di dieci grandezze fisiche che evidenzia­no, in modo totalmente concorde l’esisten­za e la gravità del riscaldamento globale. Parallelamente, sul fronte dell’attribuzione, le ricerche hanno evidenziato che: «è estrema­mente probabile che le attività umane abbiano causato più della metà dell’aumento osservato della temperatura superficiale media globale dal 1951 al 2010» (Bindoff et al. 2013, 869). Si noti come con le locuzioni «virtualmente certo» ed «estremamente probabile» fanno parte del gergo tecnico usato nei rapporti dell’IPCC e indicano, rispettiva­mente, probabilità pari al 99% e il 95%.

Le variazioni fisiche indotte dal riscaldamen­to globale riguardano molti ambiti del sistema climatico. I cambiamenti più importanti sono quelli qui di seguito elencati.

Energia

A partire dal 1970 circa, l’aumento dei forzanti antropici (soprattutto emissioni di gas serra climalteranti e variazioni d’uso del suolo) hanno provocato una diminuzione del­la radiazione infrarossa in uscita, causando un grande aumento dell’energia all’interno del si­stema e un conseguente progressivo innalza­mento della temperatura. Dal 1971 al 2010 il “sistema Terra” ha accumulato una quantità di energia pari a 274 ± 78 1021 Joule (mille miliar­di di miliardi di Joule) (Rhein et al. 2013, 265). Si tratta di un surplus energetico immenso che è stato assorbito per il 93% dall’oceano, il 3% dalla criosfera, un altro 3% dalle terre emerse e il restante 1% dall’atmosfera.

L’atmosfera ha subito nell’ultimo secolo un aumento consistente della temperatura. La co­munità scientifica «è certa che la temperatura superficiale media globale è aumentata dalla fine del XIX secolo. I valori del riscaldamento sono pari a 0,85 ± 0,2 °C nel periodo 1880-2012 e 0,72 ± 0,2 °C nel periodo 1951-2012»

(Hartmann et al. 2013, 161).

Oceani

A causa della loro enorme massa le variazioni di temperatura dell’idrosfera sono state di minore entità rispetto a quelle dell’at­mosfera ma non meno significative: bisogna infatti ricordare che gli oceani hanno assor­bito la maggior parte dell’energia in eccesso accumulata nel sistema Terra. La comunità scientifica, in modo concorde afferma che «è virtualmente certo che lo strato superiore dell’oceano (da 0 a 700 m) si è globalmente riscaldato dal 1971 al 2010 ed è probabile che questo riscaldamento sia iniziato già a partire dal 1870. Il tasso di aumento della temperatura è pari a 0,11 ± 0,2 °C per decennio nei 75 m superiori e diminuisce progressivamente con la profondità, arrivando a valori 0,015 °C per decennio a 700 m.» (Rhein et al. 2013, 257, 262). Il riscaldamento agisce anche sul livello medio globale del mare, che ha subito un progressi­vo innalzamento a causa dell’apporto di nuova acqua derivante dalla fusione della criosfera continentale e della dilatazione termica dell’acqua all’interno dell’oceano. La comunità scientifica afferma in modo concorde che «il livello del mare globa­le è aumentato di 0,19 ± 0,2 m nel periodo 1901 – 2010, ed è molto probabile che il tasso medio di innalzamento sia progressivamente accelerato per arrivare al valore di 3,2 ± 0,4 mm/anno tra il 1993 e il 2010» (Rhein et al. 2013, 257, 262).

La criosfera ha assorbito circa il 3% dell’ener­gia in eccesso nel sistema Terra dal 1971 al 2010, con notevoli conseguenze. Numerosi studi evidenziano che la calotta glaciale del­la Groenlandia ha subito una diminuzione di massa tra il 1993 e il 2013, con una confiden­za molto elevata, e che anche quella dell’An­tartide ha perso massa glaciale, con alto grado di confidenza; su questi fenomeni si rimanda alle relative voci sulla perdita delle due calotte – N.d.C.

Anche i ghiacciai di montagna sono caratteriz­zati da grandi diminuzioni delle proprie masse: a livello mondiale sono già scomparsi oltre 600 di essi e per i rimanenti, vi è una confidenza molto alta che quasi tutti gli altri si sono ridotti. Anche senza un ulteriore riscaldamento è pro­babile che molti altri ghiacciai siano destinati a scomparire (Vaughan et al. 2013, 319, 340).

evidenze cambiamenti climatici

La figura mostra gli andamenti di 10 indicatori indipendenti di un clima globale in evoluzione. Nelle colonne di sinistra e di destra, rispettivamente, sono riportati, dall’alto verso il basso:

Prima colonna:

  • Temperatura superficiale dell’aria sulla terraferma
  • Temperatura superficiale degli oceani
  • Temperatura dell’aria sul mare
  • Livello del mare
  • Estensione estiva del ghiaccio marino artico

Seconda colonna:

  • Temperatura della Troposfera
  • Contenuto di calore degli oceani (tra gli 0 e i 700 m)
  • Umidità specifica dell’aria
  • Copertura nevosa (tra maro e aprile) nell’emisfero nord
  • Bilancio di massa dei ghiacciai montani

Ogni linea rappresenta una stima derivata in modo indipendente del cambiamento del clima. In ogni grafico sono riportati differenti serie di dati (datasets) normalizzati a un periodo di registrazione comune. Fonte: IPCC, 2013 “Summary for Policymakers” (si veda la bibliografia).

 

 

prof. Claudio Cassardo, Dipartimento di Fisica – Università di Torino; Coordinamento Cambiamenti Climatici UniTo Green Office UniToGO

prof. Elisa Palazzi, Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima – Consiglio Nazionale della Ricerche; Coordinamento Cambiamenti Climatici UniTo Green Office UniToGO

prof. Marco Bagliani, Dipartimento di Economia e Statistica “Cognetti de Martiis” – Università di Torino; referente Coordinamento Cambiamenti Climatici Green Office dell’Università di Torino; Istituto di Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità–IRIS

dott. Tommaso Orusa, Gruppo Energia e Coordinamento Cambiamenti Climatici UniTo Green Office UniToGO; Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari – Università di Torino

 

Bibliografia

– Latini Gianni, Bagliani Marco, & Orusa Tommaso. (2020). Lessico e nuvole: le parole del cambiamento climatico – II ed., Università di Torino. Zenodo. http://doi.org/10.5281/zenodo.4276945

– Easterling, G. A. Meehl, C. Parmesan, S. A. Changnon, T. R. Karl, and L. O. Mearns, (2000). “Climate extremes: Observations, modeling and impacts”. Science, 289:2068–2074.

– IPCC, 2001. “Climate Change 2001: The Scientific Basis”. Contribution of Working Group I to the Third Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change. Edited by J. T. Houghton et al. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA.

– Wisner, B., P. Blaikie, T. Cannon, and I. Davis. (2004). “At risk: natural hazards, people’s vulnerability and disasters”. 2nd edition. New York: Routledge.

– Bagliani M., Pietta A., Bonati S., “Il cambiamento climatico in prospettiva geografica. Aspetti fisici, impatti, teorie”. Bologna, Il Mulino, 2019.

– Bindoff, Nathaniel L., et al. “Detection and attribution of climate change: from global to regional.” (2013)

– Crowley, Thomas J. “Causes of climate change over the past 1000 years.” Science 289.5477 (2000): 270-277.

– Fisher, Anthony C., et al. “The economic impacts of climate change: evidence from agricultural output and random fluctuations in weather: comment.” American Economic Review 102.7 (2012): 3749-60.

– Hartmann, Dennis L., et al. “Observations: atmosphere and surface.” Climate change 2013 the physical science basis: Working group I contribution to the fifth assessment report of the intergovernmental panel on climate change. Cambridge University Press, 2013. 159-254.

– IPCC, 2013: “Summary for Policymakers.” In: Climate Change 2013: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Stocker, T.F., D. Qin, G.-K. Plattner, M. Tignor, S. K. Allen, J. Boschung, A. Nauels, Y. Xia, V. Bex and P.M. Midgley (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA.

– Rhein, Monika, et al. “Observations: ocean.” Climate change (2013): 255-316.

– Stott, Peter A., et al. “Detection and attribution of climate change: a regional perspective.” Wiley Interdisciplinary Reviews: Climate Change 1.2 (2010): 192-211.

– Vaughan, David G., et al. “Observations: cryosphere.” Climate change (2013): 317-382.

– Wolff, Eric. “Climate Change: Evidence and Causes.” School Science Review 96.354 (2014): 17-23.