
Nel 2023 la produzione di rifiuti speciali in Italia ha registrato un aumento dell’1,9%, raggiungendo quota 164,5 milioni di tonnellate. Questo incremento, evidenziato dal rapporto Ispra 2025, certifica un ritorno alla normalità post-pandemica, smentendo le ipotesi di una decrescita strutturale del settore. A confronto, il Pil nazionale è cresciuto solo dello 0,7% e i consumi interni dello 0,5%, dimostrando che la produzione di rifiuti cresce oltre tre volte più velocemente dell’economia.
La composizione dei rifiuti: edilizia e pericolosi in primo piano
Il settore delle costruzioni e demolizioni si conferma il principale responsabile del volume complessivo, con 81,4 milioni di tonnellate (pari al 51% del totale), seppur su base stimata. Anche i rifiuti pericolosi sono in lieve aumento, passando da 10 a 10,2 milioni di tonnellate. Mentre l’industria manifatturiera registra una leggera flessione nella produzione di rifiuti, continua a crescere la quota dei cosiddetti “rifiuti da rifiuti”, che toccano quota 44,2 milioni di tonnellate, riflettendo una persistente stagnazione industriale.
Un’intensità produttiva fuori controllo
I dati Ispra mostrano chiaramente quanto l’Italia sia lontana dagli obiettivi di prevenzione e riduzione dei rifiuti fissati per il 2020. Nel 2023 si sono prodotte 80 tonnellate di rifiuti ogni milione di euro di Pil, un dato leggermente superiore rispetto all’anno precedente (79,4), ma ancora lontano dai livelli del 2021 (84,8). Anche l’intensità produttiva dei rifiuti da costruzione si riduce, ma resta elevata: 812 tonnellate per milione di euro.
Gestione dei rifiuti: bene il recupero, ma persistono criticità
Nel 2023 sono stati gestiti 178,9 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, con un incremento dell’1,3%. Di questi, l’84,5% è stato avviato a recupero, soprattutto recupero di materia (73,1%), mentre il 15,5% è stato destinato a smaltimento. Il recupero energetico è rimasto stabile, rappresentando solo l’1,6% del totale. Le discariche hanno ricevuto 7,9 milioni di tonnellate, segnando una riduzione rispetto all’anno precedente. In aumento gli stoccaggi (+1,5%), che raggiungono 19,7 milioni di tonnellate.
L’export svela il deficit impiantistico nazionale
Cresce in maniera significativa anche l’export di rifiuti, che passa da 4,8 a 5,5 milioni di tonnellate, comprendendo sia rifiuti pericolosi che non. Il dato più preoccupante riguarda le esportazioni per recupero energetico: ben 1,5 milioni di tonnellate (tra rifiuti pericolosi e non) sono inviate all’estero a causa della mancanza di impianti adeguati in Italia. A questo si aggiungono 500.000 tonnellate di rifiuti pericolosi esportati in discarica, che evidenziano un’ulteriore lacuna nella dotazione infrastrutturale nazionale. Al contrario, le importazioni sono in calo, fermandosi a 6,8 milioni di tonnellate, in gran parte metalli destinati al riciclo.
Un sistema che esporta problemi e importa risorse
Il quadro delineato dal rapporto Ispra mostra un’Italia ancora fortemente dipendente dall’estero per la gestione di parte dei propri rifiuti. Il riciclo migliora, la discarica si riduce, il recupero energetico resta fermo, ma è l’export a crescere, segno di un deficit impiantistico che non accenna a risolversi. Il Paese continua a importare materiali utili al riciclo e a esportare rifiuti da smaltire, consolidando il suo ruolo di intermediario anziché di gestore efficiente.
