Un segnale d’allarme dalle Alpi

scioglimento dei ghiacciai

Le cime montane italiane lanciano un grido d’allarme sempre più forte: lo scioglimento dei ghiacciai è ormai un fenomeno accelerato e drammaticamente evidente. Secondo il nuovo rapporto di Italy for Climate, i segnali più inquietanti della crisi climatica provengono proprio dall’alta quota, dove il riscaldamento globale sta colpendo duramente i ghiacci alpini, già in sofferenza da anni.

Ghiacciai in collasso: i dati preoccupanti

Già lo scorso marzo, il Cnr aveva lanciato un primo allarme sullo stato dei ghiacciai delle Dolomiti, vicini al punto di non ritorno. Oggi, il nuovo inventario glaciologico dell’ente conferma un quadro drammatico: i ghiacciai italiani sono 872, per lo più frammentati e di piccole dimensioni, con una superficie complessiva ormai inferiore ai 360 km². Negli ultimi settant’anni, si è perso oltre il 30% della superficie glaciale e, solo negli ultimi vent’anni, la perdita d’acqua ha raggiunto i 50 km³.

Lo zero termico oltre le vette

Il dato più allarmante registrato recentemente è il livello dello zero termico che, sulle Alpi, ha toccato quota 5.400 metri. Una soglia mai vista prima, ben al di sopra della cima del Monte Bianco (4.808 m). Questo significa che nessun ghiacciaio alpino è rimasto protetto dalla fusione. È come se tutta la catena montuosa avesse perso la propria “zona fredda”.

Un sistema climatico fuori controllo

Secondo il report, la situazione attuale è il risultato di decenni di squilibri climatici: inverni più secchi, estati più lunghe e calde, e un bilancio energetico sempre più instabile. Il riscaldamento globale non è più una minaccia futura, ma una realtà contemporanea che colpisce duramente un Paese fragile come l’Italia, esposto sia alla crisi idrica che alla perdita del ghiaccio.

Un problema globale con effetti locali

La fusione dei ghiacciai è un fenomeno globale. Secondo l’ultimo rapporto della WMO, nel solo 2023 i ghiacciai del pianeta hanno perso un volume d’acqua cinque volte superiore a quello contenuto nel Mar Morto: la perdita più grave mai registrata dal 1950. In Italia, la disponibilità idrica si è ridotta del 20% rispetto all’inizio del secolo scorso. I ghiacciai alpini sono essenziali per alimentare il bacino del Po, che serve otto regioni e 20 milioni di persone.

Il simbolo del collasso: la Marmolada

Il caso della Marmolada, il più grande ghiacciaio dolomitico, è diventato emblematico: dal 1905 ha perso il 70% della superficie e l’85% del volume. Solo nell’estate del 2022 si è assottigliato di oltre 4 metri. Secondo l’Unesco, potrebbe scomparire entro il 2040.

Le contromisure: insufficienti e temporanee

L’uso di teli protettivi per rallentare la fusione è una misura temporanea e simbolica. L’unica strategia efficace è ridurre drasticamente le emissioni. Oltre il 68% dell’acqua dolce globale è custodita nei ghiacciai e nei poli. E ora anche gli oceani, che hanno già assorbito il 90% del calore in eccesso, rischiano un innalzamento del livello senza precedenti.

Il punto di non ritorno si avvicina

Per la prima volta, è stata superata la soglia di +1,5 °C rispetto all’epoca preindustriale. Se si continuerà a oltrepassarla nei prossimi anni, potremmo attivare processi irreversibili che porteranno alla scomparsa dei ghiacciai e a un innalzamento marino di decine di metri.

L’appello della scienza: il ghiaccio non mente

Andrea Barbabella, responsabile scientifico di Italy for Climate, ricorda che la scomparsa dei ghiacciai non è solo una questione paesaggistica o turistica, ma un chiaro indicatore del collasso climatico. Le conseguenze sono concrete: meno acqua potabile, problemi per l’agricoltura, costi energetici crescenti, e un aumento del rischio per le popolazioni montane.

La retorica secondo cui la transizione ecologica sarebbe un’imposizione ideologica è smentita dai fatti: il ghiaccio si scioglie, e basta. Ignorare questa realtà fisica è un lusso che non possiamo più permetterci.