Capri verso la sua area marina protetta

Capri verso la sua area marina protetta

Dopo 34 anni di attesa, l’Isola di Capri è finalmente pronta a istituire la propria Area Marina Protetta (AMP). L’accordo raggiunto tra le amministrazioni locali e il Ministero dell’Ambiente segna un passo decisivo: la modifica alla legge 394/91 sui Parchi, già in discussione in Parlamento, renderà il mare di Capri autonomo rispetto all’AMP di Punta Campanella.

Nel frattempo, l’AMP dell’Arcipelago Toscano — che comprende l’Elba e il Giglio — attende da 43 anni la sua istituzione.

Una conquista condivisa

L’avvio dell’AMP di Capri è frutto della determinazione delle amministrazioni locali e del sostegno di un ampio ventaglio di attori: cittadini, associazioni ambientaliste, pescatori, Federalberghi, noleggiatori di imbarcazioni e operatori del charter. Tutti hanno compreso che il benessere sociale ed economico dell’isola dipende dalla tutela delle sue risorse naturali.

Capri, destinazione simbolo del turismo mondiale, oggi non riesce più a sostenere l’impatto ambientale dell’overtourism. Un esempio eclatante è l’assalto ai faraglioni da parte di imbarcazioni di ogni tipo, che danneggiano gravemente gli ecosistemi marini. Una situazione che si ripete anche nelle isole dell’Arcipelago Toscano, dove coste fragili, praterie di posidonia e zone protette come Giannutri subiscono lo stesso degrado.

Un approccio responsabile

Capri ha deciso di invertire la rotta. I suoi faraglioni entreranno presto in una zona di tutela specifica, con norme chiare di accesso e comportamento. Al contrario, sulle coste dell’Elba, del Giglio e di Giannutri regna ancora il far west: ancoraggi indiscriminati, danni irreparabili alla posidonia e attività nautiche fuori controllo.

Le promesse di alcuni comuni toscani — installazione di boe, delimitazione delle aree sensibili — si sono rivelate inadempienze mascherate. Anche l’adesione formale alla Carta del Santuario Pelagos appare più simbolica che concreta.

Biodiversità e opportunità mancate

L’arrivo della foca monaca a Capri, segnalato anche a Punta Campanella e nel Cilento, viene accolto come segno della straordinaria biodiversità locale e come opportunità turistica. Una visione ben diversa da quella mostrata in passato al Giglio, dove l’avvistamento del medesimo animale fu persino occultato per timore di restrizioni.

La via da seguire

Di fronte a tanta inerzia amministrativa, basterebbe iniziare col far rispettare le leggi esistenti: vietare l’ancoraggio sulla posidonia, controllare le distanze dalle spiagge e applicare le ordinanze in vigore.

Nel suo atto di indirizzo del 23 gennaio 2025, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha ribadito l’intenzione di avviare una nuova stagione di istituzione e ampliamento di Parchi Nazionali e Aree Marine Protette, in linea con l’obiettivo 30X30 promosso da UE e ONU.

La normativa è chiara: il Ministro dell’Ambiente può istituire un’AMP anche in assenza di un accordo locale. Considerata l’inerzia dei comuni toscani, sarebbe dunque auspicabile che il Ministero procedesse senza ulteriori indugi, come previsto già nel DPR istitutivo del Parco del 1996 e nella proposta del Ministro Altero Matteoli nel 2005.

Capri ha dimostrato che è possibile agire. Ora tocca all’Arcipelago Toscano colmare un ritardo che rischia di penalizzarne il futuro.