Monte Bianco, ancora crolli sul ghiacciaio Planpincieux

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Un blocco del ghiacciaio Planpincieux, sulle Grandes Jorasses, lungo il versante italiano del massiccio del Monte Bianco continua a sciogliersi a una velocità impressionante. Aumentano così le spaccature e il rischio di un crollo imminente che coinvolge una massa di circa 250.000 metri cubi. Al momento però si registra solo lo spostamento di una porzione, grande all’incirca 27.000 metri cubi (più del 10% del totale).



A dare l’allarme sono state le strutture tecniche della Regione Valle d’Aosta e della Fondazione Montagna sicura di Courmayeur, che fin dal 2013 in collaborazione con il Geohazard Monitoring Group del CNR-IRPI di Torino, centro di competenza nazionale, monitorano gli effetti dei cambiamenti climatici sul territorio montano-alpino, sempre più interessato dallo scioglimento del ghiaccio a causa delle alte temperature.

Pur non essendoci particolari rischi per i centri abitati ma solo per una porzione ben definita di territorio, il Sindaco di Courmayeur Stefano Miserocchi ha disposto, in via precauzionale, un’ordinanza rispetto al potenziale pericolo di crollo del ghiacciaio Planpincieux. Queste misure cautelative prevedono l’evacuazione di alcuni immobili e la chiusura della strada comunale per la Val Ferret nel tratto compreso tra l’intersezione con la strada poderale della Montitaz e la località Planpincieux, assicurando tuttavia una viabilità alternativa 24 ore su 24 riservata ai residenti e ai titolari di attività nella zona interessata.

Un radar installato sul ghiacciaio per monitorare la situazione

Il ghiacciaio è tenuto costantemente sotto controllo anche da un radar, battezzato con il nome Lisa, ed entrato in funzione proprio pochi giorni fa. Si tratta di un sistema di monitoraggio che è in grado di percepire dei movimenti molto piccoli e di creare una mappa molto precisa delle deformazioni presenti, utile quindi per fare previsioni più attendibili sui movimenti del blocco di ghiaccio.

L’esperto Fabrizio Troilo della Fondazione Montagna Sicura riferisce comunque che al momento non è possibile prevedere l’evoluzione della situazione, cioè se la massa di ghiaccio continuerà a cadere a pezzi o in un singolo evento.

Certo è che secondo i dati odierni riportati dal radar, la parte frontale del ghiacciaio continua a muoversi verso il fondovalle a una velocità di 90 centimetri al giorno. Lo spostamento di mercoledì 25 settembre – calcolato con sistemi fotografici – era stato invece di 30 centimetri, mentre nei giorni precedenti e fino alla mattinata del 30 settembre aveva raggiunto i 60 centimetri. Le parti retrostanti del ghiacciaio confermano, invece, uno scivolamento costante di 30 centimetri al giorno per quella centrale e 15 centimetri per quella in coda.

Il ghiacciaio Planpincieux non è il solo a rischio crollo

Il “caso del ghiacciaio Planpincieux” sul Monte Bianco, non è l’unico a rischio crollo. Già nel corso dell’estate altri ghiacciai sommitali avevano dato segnali di cedimento e dato luogo a eventi insoliti. Lo conferma Fabrizio De Blasi, ricercatore dell’Istituto Scienze Polari del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che studia la storia e l’evoluzione dei ghiacciai italiani con il progetto Ice Memory.

Il Whymper, ad esempio, che si trova nella stessa zona del Planpincieux è tenuto sotto osservazione in quanto si attende un imminente cedimento del seracco terminale. Anche in questo caso il Sindaco ha emanato un’ordinanza verso i primi di settembre con cui ha disposto la chiusura dei sentieri sottostanti e del rifugio Boccalatte-Piolti.

I ghiacciai sotto i 3.500 metri destinati a sparire nel giro di 20-30 anni

Secondo il glaciologo del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) Renato Colucci «se le temperature continueranno ad aumentare, nel giro di pochi decenni i ghiacciai eterni delle Alpi orientali e centrali potrebbero ridursi drasticamente o scomparire. Rimarrebbero solo sulle Alpi occidentali, quelle più alte. Inoltre, i ghiacciai sono sempre più scuri, e quindi più vulnerabili alle radiazioni solari». E che i ghiacciai alpini si stiano ritirando lo dimostrano anche i dati dell’ultimo Catasto dei ghiacciai italiani in cui si registra che la superficie dei ghiacciai è passata dai 519 km2 del 1962 (Catasto Cgi-Cnr), ai 609 km2 del 1989 (catasto World Glacier Inventory, con dati raccolti negli anni ’70-80), agli attuali 368 kmq, pari al 40% in meno rispetto all’ultimo catasto.

Insomma, come sottolinea il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa vi è sempre di più «l’urgenza di un’azione forte e coordinata per il clima, per scongiurare il verificarsi di eventi estremi e che rischiano di avere conseguenze drammatiche».

A cura di Christel Schachter