Elleboro: bello ma potenzialmente tossico

Elleboro

Elleboro, una pianta adatta ad un giardino di inverno, perché regala fiori affascinanti e audaci ma anche perché ha delle proprietà interessanti da conoscere.

Allo stesso tempo però è necessario fare attenzione nel suo utilizzo in quanto l’elleboro è potenzialmente tossico in ogni sua parte.



Elleboro, Helleborus Niger

Con il nome di Elleboro etichettiamo un genere vasto di piante che comprende oltre trenta specie erbacee, tutte perenni. Non sono tutte presenti nel nostro Paese dove possiamo incontrare prevalentemente la varietà detta helleborus niger, dagli scienziati. La gente comune la chiama “rosa di Natale”.

In casa l’Elleboro sopravvive ed è anche molto gradevole alla vista, non è difficile da mantenere e arreda molto gli ambienti soprattutto quando non è stagione per altre piante. Allo stato selvatico questo specie popola solitamente terreni umidi, magari quelli situati ai margini dei boschi, in zone collinari oppure in zone fresche e ombrose.

Elleboro

Elleboro: significato

Il nome elleboro, come anticipato nel precedente paragrafo, deriva dal nome scientifico: helleborus, formato  dall’unione di due parole greche: “elein= ferire” e “bora= alimentare” da cui il significato derivato “cibo che ferisce“.

E’ invece piuttosto semplice intuire il motivo del soprannome di rosa di Natale con cui è noto l’Elleboro: il suo splendido fiore sbuca durante l’inverno regalandoci la gioia che proviamo davanti ad una rosa di maggio, nel pieno della stagione fredda.

Sole pallido, neve, gelo, geloni, ma l’Elleboro, perenne, non ci tradisce. Il suo fiore è simile a quello della rosa canina, altro motivo per cui è chiamato “rosa di Natale” e non “fiore di Natale”.

Elleboro

Elleboro nero

E’ la specie più comune in Italia e quasi l’unica, senza considerare quelle molto rare. In gergo scientifico si chiama “helleborus niger”, è il capostipite di una grande varietà di Elleboro ibridi che hanno differenti forme e colori. Se i puristi storcono il naso, la gran parte delle persone che ama i fiori e apprezza il coraggio del loro fiorire in inverno, apprezza anche gli ibridi e crea composizioni molto originali.

Oggi l’Elleboro è considerato soprattutto una pianta ornamentale ma un tempo era utilizzato come rimedio per curare le malattie mentali, la follia, ma non solo. E’ una leggenda tutta da verificare, ma certo che ha radici antiche, da ricercare nella mitologia greca.

Ercole è stato uno dei più celebri pazienti curati dalla pazzia grazie all’elleboro, anche il pastore Melampo ha utilizzato questa pianta per le figlie di Preto e Argo dando loro il latte delle capre che ne avevano mangiato una abbondante quantità di foglie. Oltre alla pazzia, l’Elleboro cura anche, così dicono, malattie cardiache che sorgono in età avanzata.

Elleboro

Elleboro velenoso

Come spesso accade è necessario avere misura quando si utilizzano delle cure naturali che coinvolgono certe piante selvatiche. L’Elleboro infatti è tossico, lo sono tutte le sue parti, anche le radici. L’effetto che hanno su chi ne abusa è altamente irritante, ciò vale sia per le persone sia per gli animali.

Questo non toglie nulla al valore della pianta che resta riconosciuta in erboristeria tra quelle più efficaci per chi ha problemi a livello cardiotonico e di stitichezza. Non rinunciamo quindi ai benefici dell’Elleboro, basta evitare di maneggiare fiori e foglie senza guanti e non farne indigestione per non rischiare patologie gravi.

Elleboro in vaso

Con 14 euro su Amazon possiamo procurarci una pianta di Elleboro in vaso, alta circa 25 cm. Dal momento in cui arriva nella nostra abitazione dobbiamo prendercene cura facendola subito rinvigorire visto il viaggio fatto. Poi è in discesa, perché questa pianta si adatta bene al clima italiano, ama stare a mezz’ombra oppure all’ombra, infatti allo stato selvatico sceglie di abitare il sottobosco.

Prende il sole solo di mattina, quando è ancora un sole timido e delicato. Per quanto riguarda il terriccio, procuriamocene di poco acido e manteniamolo costantemente umido.

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Pubblicato da Marta Abbà il 2 Ottobre 2019