Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) sono il modello più discusso del momento perché permettono a cittadini, PMI ed enti locali di produrre e condividere energia rinnovabile abbattendo costi e CO₂. La definizione ufficiale le descrive come comunità di produttori e consumatori che condividono energia da fonti rinnovabili all’interno della stessa cabina primaria, con benefici ambientali ed economici distribuiti tra i membri.
In Italia la crescita è evidente: i progetti attivi e in sviluppo sono in forte aumento e l’interesse di comuni e associazioni è ai massimi storici.
Come funziona la tariffa energia condivisa e perché conviene
Il 2025 è l’anno della Tariffa Premio per l’Energia Condivisa (TCEC), l’incentivo riconosciuto dal GSE per ogni kWh scambiato tra i membri della comunità. A questa si somma, per molti territori, un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi d’investimento finanziato dal PNRR per impianti in comuni sotto i 50.000 abitanti. In pratica, si riducono i costi iniziali e si ottiene un flusso di ricavi proporzionale all’energia condivisa.
La convenienza cresce se la comunità massimizza l’autoconsumo collettivo e dimensiona l’impianto sulla domanda reale: più kWh vengono condivisi, più alta è la remunerazione per i membri.
Chi può partecipare e cosa serve davvero
Possono partecipare privati, PMI, enti locali, cooperative, parrocchie e condomìni. Non è obbligatorio avere un impianto proprio: si può entrare anche come semplice consumatore beneficiando dei corrispettivi legati all’energia condivisa. Requisiti chiave: localizzazione dei POD sotto la stessa cabina, statuto che definisca governance e finalità prevalentemente sociali, contatori telelegibili e un soggetto referente per i rapporti con il GSE.
Per approfondire i concetti base, puoi consultare la nostra guida storica comunità energetiche: cosa sono e come funzionano, utile come ripasso prima di passare agli aspetti 2025.

Quanto si risparmia: scenari realistici nel 2025
Parlare di bollette azzerate è fuorviante, ma con un impianto ben dimensionato e un alto tasso di condivisione si possono ottenere riduzioni sostanziali del costo energetico. I ritorni dipendono da: profilo di consumo dei membri, potenza installata, qualità dell’isolamento degli edifici e scelta di accumuli. Nel quadro attuale, le CER fotovoltaiche restano la soluzione più replicata per costi e semplicità, pur con potenziale integrazione di eolico, idroelettrico e biomassa in contesti specifici.
L’ottimizzazione passa da tre mosse: mappare i carichi dei membri, calibrare la potenza e sincronizzare i consumi nelle ore di produzione. Strumenti software e simulatori supportano le stime del payback e aiutano a massimizzare la quota di energia condivisa, che è la variabile più remunerativa.
Passi operativi per partire senza errori
- Costituzione: definisci la forma giuridica e lo statuto con regole chiare su governance, riparti, ingressi/uscite.
- Fattibilità tecnica ed economica: analizza profili di consumo, producibilità e CAPEX/OPEX; verifica accesso a TCEC e contributi.
- Progettazione e connessione: scegli tecnologie affidabili e un EPC con esperienza su pratiche GSE.
- Misura e monitoraggio: adotta un sistema che massimizzi l’autoconsumo e la qualità dei dati.
Oltre il fotovoltaico: pompe di calore e demand response
Integrare pompe di calore alimentate dall’energia della comunità moltiplica i benefici: queste tecnologie raggiungono efficienze stagionali elevate se l’edificio è ben isolato, riducendo la dipendenza dal gas e migliorando il ritorno dell’investimento dell’intera CER. Valuta inoltre batterie e schemi di demand response per spostare i carichi nelle ore più soleggiate, massimizzando l’energia condivisa remunerata dal GSE.
