Avvistamenti di yeti recenti e del passato

Avvistamenti di yeti

C’è chi si sogna protagonista di Avvistamenti di yeti e chi invece non ha affatto voglia di avere a che fare con una “bestia” del genere. Vediamo di che genere di bestia si tratta? E’ una creatura leggendaria che viene dall’universo di leggende attingendo alla cultura e alle credenze popolari delle popolazioni locali dell’Himalaya. Oggi però, e non da oggi, fa parte nell’immaginario collettivo della cultura mondiale.



Che si creda o meno allo Yeti, si ha almeno la vaga idea che stiamo parlando dell’abominevole uomo delle nevi perché questa è la definizione con cui lo abbiamo etichettato. A inventarla è stata una persona, un giornalista, che ha tradotto male l’espressione in lingua nepalese Metoh Kangmi (letteralmente “uomo-orso delle nevi”). In realtà il termine Yeti ha tutta un’altra origine, deriva da yeh-teh che significa “quella cosa là”, espressione tipica usata dagli sherpa per indicare la mitica creatura che non sapevano come definire diversamente non conoscendone le origini e non sapendo in che categoria metterla.

Avvistamenti di yeti del passato

Si inizia a parlare di avvistamenti di yeti già diversi secoli fa quando ancora non si parlava di Yeti e non c’erano telecamere e macchine fotografiche per avere delle testimonianze che lo ritraessero. Sappiamo però che nel 1407 il bavarese Johann Schiltberger avrebbe incontrato lo Yeti sulla catena degli Altai, presso i confini occidentali della Mongolia, lo scrive nei suoi diari di viaggio, credergli o meno è una nostra scelta personale ma Johann era fermamente convinto di aver visto una creatura eccezionalmente abominevole.

Passiamo all’Ottocento quando in Nepal un magistrato britannico ha incontrato una creatura pelosa e senza coda, simile ad un uomo, che potrebbe benissimo essere stato uno Yeti. Chi può dirlo? Lui lo ha raccontato convinto attorno al 1820. La storia degli Avvistamenti di yeti cambia quando si iniziano a trovare delle sue ipotetiche impronte e dobbiamo aspettare il 1889 per vedere le prime. Siamo dal 1820 al 1843.

Siamo in Tibet e a scoprirle è stato il maggiore L.A. Waddell a più di cinquemila metri di quota, più avanti ci sono altri riferimenti sempre relativi ad avvistamenti di yeti o di sue impronte ma non abbiamo nulla in mano che li documenti prima di arrivare con l’orologio del tempo che segna il 22 settembre 1921, quando il tenente colonnello C. K. Howard-Bury, mentre stava tentando la scalata dell’Everest, percorrendo il sentiero che da Kharta porta a Lhapka-La, ha visto lo Yeti.

Così l’uomo ha raccontato, brandendo il binocolo. Dice, scrive, in verità, di aver ben scorto su un piano innevato sovrastante, una figura scura dalle sembianze vagamente umane. Una volta raggiunto il luogo degli Avvistamenti di yeti avrebbe trovato le impronte corrispondenti alla strana creatura vista, impronte simili a quelle umane ma molto più grandi, impronte da Uomo delle Nevi.

Sempre all’inizio del Novecento, pochi anni dopo, nel ghiacciaio Zemu a circa 4500 metri di altitudine un fotografo greco che si era spinto fino a lì nel 1925, N.A. Tombazi, ha raccontato di aver visto lo yeti mentre scattava immagini per la Royal Geographical Society di Londra, Non sarebbe riuscito a fotografarlo, forse troppo emozionato o spaventato dall’improvvisa comparsa, però ne ha parlato parecchio e ne avrebbe viste le impronte.

Avvistamenti di yeti del passato

Avvistamenti di yeti recenti

Vediamo ora gli Avvistamenti di yeti più vicini a noi quando i mezzi per trovarlo e per ritrarlo sono del tutto diversi e più potenti. Eppure questo Yeti non è ancora stato intervistato, non sembra impossibile. Siamo nel 2003, sulle montagne siberiane dell’Altai, quando Sergey Semenov ritrova un arto che secondo alcuni esperti non era riconducibile a nessun animale se non al nostro Yeti, un dubbio che non è mai stato sciolto ma che fa pensare che questo Yeti forse esiste davvero. noto.

Passiamo al dicembre del 2007 e andiamo a sentire cosa racconta il presentatore ed esploratore statunitense Josh Gates. Assieme ad una sua squadra, mentre girava il mondo avrebbe trovato tre orme considerate compatibili con quelle dello “Yeti”, sulla sponda del fiume Manju, a 2.850 metri di altezza. Un anno dopo tocca a dei giapponesi trovare delle orme di Yeti di ritorno da un’arrampicata nel Nepal occidentale. Le hanno anche fotografate sostenendo che non erano orme riconducibili a quelle di orsi, cervi e capre delle nevi.

Avvistamenti yeti in Italia

In Italia, un po’ per il clima un po’ per la conformazione geografica, è davvero difficile fare Avvistamenti di yeti ma possiamo consolarci osservando questa creatura protagonista di film, libri, fumetti e videogiochi. Visto che se ne parla da tempo, troviamo l’abominevole uomo delle nevi come protagonista di lungometraggi anche degli anni Cinquanta dello scorso secolo come “The Snow Creature” (1954), “Il mostruoso uomo delle nevi” (1957) e “Half Human: The Story of the Abominable Snowman” (1958) per poi ritrovarlo in film del nostro secolo come “Monsters & Co.” (2001), ”Hotel Transylvania e Le 5 leggende” (2012) e “Monsters University” (2013).

Anche le serie TV non si sono salvate e citano la presenza dello Yeti come accade nel Doctor Who ma lo yeti spopola nel mondo dei fumetti, anche in Italia dove lo sceneggiatore Marco Di Tillo, su disegni di Rodolfo Torti crea delle strisce che lo hanno come protagonista. Se andiamo a guardare nell’Universo Marvel, troviamo personaggi ispirati alla sua figura e altri che ne riprendono anche il nome. In altri fumetti troviamo lo Yeti in Zagor, ne Le avventure di Tintin e in alcune storie di Topolino e nella storia di Paperon de’ Paperoni Zio Paperone e la corona di Gengis Kahn. I videogame non rinunciano certo ad un personaggio così interessante, infatti lo ospitano volentieri in League of Legends, ad esempio, come in Maple Story, Mr. Nutz, The Battle for Wesnoth, The Legend of Zelda e The Sims 2.

Avvistamenti yeti in Italia

Se vi è piaciuto questo articolo continuate a seguirmi anche su TwitterFacebookGoogle+Instagram

Ti potrebbe interessare anche l’articolo sull’Iceberg

Pubblicato da Marta Abbà il 23 Settembre 2018