Deforestazione in Amazzonia: 8,6 milioni di ettari persi in quattro anni

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Tra il 2018 e il 2022 la foresta amazzonica ha subito una perdita drastica: 8,6 milioni di ettari sono stati distrutti, un’estensione superiore a quella dell’Austria. Questa rapidissima regressione ha inciso per oltre un terzo (36%) sulla deforestazione globale, confermando l’Amazzonia come epicentro della crisi. A trainare il fenomeno è soprattutto l’espansione degli allevamenti bovini, responsabile del 78% delle aree disboscate, seguita dalla coltivazione di soia (4,6%). Mentre nel settore centro-orientale, in particolare in Brasile, prevale la conversione dei terreni in pascoli, nell’area occidentale – Bolivia, Perù ed Ecuador – avanzano coltivazioni industriali come mais e palma da olio.

L’Europa fra i principali responsabili indiretti

La distruzione della foresta non è soltanto una questione sudamericana: le catene di approvvigionamento globali e i consumi dei Paesi ricchi amplificano il problema. Secondo il nuovo rapporto, nel triennio 2020–2022 l’Unione europea ha generato in media il 20% della deforestazione legata a specifiche materie prime, in particolare soia, mais e cacao.
Anche l’Italia emerge tra i Paesi con maggiore impatto: per soddisfare la domanda interna vengono cancellati ogni anno 4.000 ettari di Amazzonia, equivalenti a circa 5.000 campi da calcio, pari al 10% della deforestazione incorporata annuale legata ai consumi nazionali.

Il nuovo Amazon Footprint Report 2025 presentato alla Cop30

Questi dati provengono dall’“Amazon Footprint Report 2025”, illustrato alla Cop30 di Belém da Wwf, Trase, Chalmers University of Technology e Stockholm Environment Institute. È la prima analisi che osserva la deforestazione amazzonica con una prospettiva transfrontaliera, collegando l’abbattimento delle foreste alle diverse filiere agricole globali.

Il documento mette in luce come le foreste amazzoniche abbiano già perso il 17% della loro estensione originaria, e quanto il destino del bioma sia intrecciato ai modelli di consumo dei Paesi importatori. Gli autori invitano a una trasformazione urgente delle filiere, orientandole verso trasparenza e sostenibilità, per evitare gli scenari più critici del riscaldamento globale e preservare biodiversità e stabilità climatica.

Wwf: «L’Ue non può rallentare sulla normativa contro la deforestazione»

Per il Wwf Italia, l’Unione europea deve mantenere salda la rotta: rinviare o indebolire la normativa contro la deforestazione sarebbe un grave passo indietro. Nonostante l’impegno dichiarato dell’Ue alla Cop30, alcuni Stati membri stanno tentando di allentare i vincoli della regolamentazione.

Edoardo Nevola, responsabile dell’Ufficio foreste del Wwf Italia, definisce la normativa Eudr «lo strumento più efficace» per assumersi le responsabilità europee. Un rinvio – sottolinea – metterebbe a rischio la credibilità dell’Europa, proprio mentre a Belém la comunità internazionale discute come arrestare deforestazione e cambiamento climatico.

L’impatto di un rinvio: 50 milioni di alberi in meno e nuove emissioni

Secondo il Wwf, un solo anno di ritardo nell’applicazione dell’Eudr comporterebbe la perdita di 50 milioni di alberi e l’emissione di 16,8 milioni di tonnellate di gas serra, equivalenti alle emissioni combinate di Londra e New York in tre anni. È l’impronta lasciata dai consumi europei in un solo anno.

Eudr: le nuove scadenze per prodotti “deforestation-free”

La normativa europea sui prodotti “deforestation-free”, in vigore dal 29 giugno 2023, ha già subito un primo rinvio: l’avvio operativo è slittato a dicembre 2024. L’applicazione effettiva entrerà in vigore il 30 dicembre 2025 per le medie e grandi imprese, mentre dal 30 giugno 2026 sarà estesa anche a piccole e microimprese.

L’obiettivo è chiaro: ridurre in modo significativo la deforestazione collegata ai consumi europei. Le aziende dovranno dimostrare che prodotti come bovini, cacao, caffè, olio di palma, soia, legno e gomma non provengano da terreni convertiti o degradati né da attività illegali.