Cos’è l’effetto Placebo e come funziona

Cos'è l’effetto Placebo

Se ne parla spesso, anche di recente nelle discussioni che riguardavano l’omeopatia e non solo, ma cos’è l’effetto Placebo e come funziona? O meglio, in cosa consiste? Andiamo a scoprire come e quando si parla di questo effetto senza scendere nel merito di altre discussioni ma imparando a capire i termini che in esse vengono utilizzate.



Cos’è l’effetto placebo

Oggi quando si parla di effetto placebo si intendono tutte quelle sostanze o terapie che non hanno un’attività terapeutica intrinseca e che di fatto sono innocue. È una definizione difficile da interpretare e da tradurre in qualcosa di concreto per farsi davvero un’idea su cos’è l’effetto placebo davvero. La parola chiave è “intrinseca”. Precisando che non hanno un’attività terapeutica intrinseca si vuole sottolineare che potrebbero avere un effetto terapeutico ma non legato alla loro attività biologica. 

Con un esempio si comprende meglio. Se una persona con un mal di gola e tosse e le viene prescritto un misterioso sciroppo potentissimo che è in realtà un mix di zucchero, acqua e limone, per il potere dell’auto-condizionamento potrebbe comunque riscontrare dei miglioramenti. La magia sta nel fatto che il paziente è convinto di star prendendo un farmaco potentissimo e questo innesca in lui una reazione positiva che può aiutare a guarire. Suggestione, può aiutare, può trasformare una sostanza che non ha alcun effetto curativo in una terapia che da dei risultati. Fino a che punto funziona e quando funziona è tutto da vedere.

Possiamo anche distinguere tra Placebo Puro e Placebo Impuro, il primo è totalmente privo di effetto terapeutico intrinseco mentre il secondo ha un certo effetto terapeutico intrinseco, ma non sulla patologia specifica per la quale viene prescritto.

Cos'è l’effetto Placebo

Come funziona l’Effetto placebo

Prima di semplificare le cose dicendo che è solo una questione psicologica, meglio approfondire perché quello che sembra essere un trucchetto, uno scherzo di carnevale, innesca invece una reazione biologica complessa. Sicuramente c’è una forte componente psicologica che gioca a nostro favore e che fa reagire il paziente in modo grintoso e positivo, ma la sostanza innocua che si assume va ad agire anche sul sistema nervoso. Fa in modo che vengano prodotte delle specifiche sostanze endogene dalle proprietà auto-curative come le note endorfine che attenuano la sensazione di dolore. Con l’effetto placebo si attivano dei neurotrasmettitori e si producono cortisolo e di altri ormoni strettamente dipendenti dai livelli di stress, e anche il sistema immunitario percepisce il nostro stato psicologico positivo e ne viene influenzato.

L’effetto Placebo non funziona sempre e con tutti, è necessario che ci siano delle condizioni al contorno che non sempre si verificano. Le persone che si sottopongono a questo tipo di terapia devono avere la tendenza a lasciarsi suggestionare, se sono molto razionali e tutte d’un pezzo è davvero difficile che si lascino influenzare e che quindi possano beneficiare dell’effetto. Chi assume magari acqua zuccherata credendo sia una medicina portentosa deve crederci davvero e deve fidarsi del medico che la prescrive. Pensate all’omeopatia, ci sono persone convintissime che sia potente, altri pensano che sia una pratica truffaldina.

Quando può funzionare l’effetto placebo

È necessario usare con cautela l’effetto placebo che non deve mai essere l’occasione per non seguire le prescrizioni di un medico. Viene spesso utilizzato quando si ha a che fare con malattie che hanno una forte componente psicosomatica come il colon irritabile, l’insonnia, l’emicrania e in generale il mal di testa, l’ansia e la cefalea ma anche la stitichezza e certe forme di disturbi all’apparato digerente. Si riescono a raggiungere miglioramenti della patologia fino all’80% dei casi. A volte viene usato l’effetto placebo anche per interventi chirurgici e per patologie organiche ma i risultati sono molto meno sorprendenti.

Ci sono una serie di circostanze che i medici per primi riconoscono e che fanno pensare che l’effetto Placebo possa avere buon esito applicato ad una certa persona. Sono requisiti essenziali senza i quali un tentativo sarebbe solo una perdita di tempo.

Conta molto il condizionamento e poter collegare l’effetto Placebo o il medico che lo consiglia con delle precedenti esperienze di successo. Ci sono delle convinzioni comuni che si creano nella nostra testa e che è complesso contraddire come ad esempio che due capsule sono più efficaci di una, che un placebo iniettabile è più efficace di uno orale, che una compressa grande è più efficace della piccola. Anche il colore può fare la differenza, perché sembra che in caso di ansia o di depressione, l’azzurro e il verde aiutino.

Tra chi crede all’effetto placebo ci sono più persone con alto livello di scolarizzazione ma entra in gioco anche una componente genetica che riguarda il comportamento dei neurotrasmettitori cerebrali capaci di indurre l’effetto placebo.

Cos'è l’effetto Placebo

Usi dell’effetto Placebo

Oltre che a scopo curativo va detto che a volte il placebo viene utilizzato in casi in cui è necessario tranquillizzare un paziente che desidera a tutti i costi ricevere una terapia anche se in realtà non è necessaria. C’è poi l’impiego del placebo all’interno di studi clinici e in questo caso la logica cambia, serve come parametro di comparazione per testare la reale efficacia di un farmaco o di un intervento medico.
Quando si sta analizzando una nuova terapia, si va in cerca di prove di evidenza e serve quindi un riferimento che metta in luce la sua efficacia.

Una parte dei soggetti arruolati per lo studio viene quindi sempre trattata con placebo, somministrato nella stessa forma e negli stessi modi della terapia attiva di confronto, per poi analizzare i risultati dei due gruppi e confrontarli. Il placebo deve sempre essere identico nel suo aspetto esteriore al farmaco che stiamo testando, altrimenti non ha senso fare questa prova, deve essere placebo all’insaputa di coloro che lo assumono.

Il controllo può essere fatto in cieco o in doppio cieco, nel primo caso gli appartenenti al campione non sanno quale trattamento stanno ricevendo, se il vero farmaco o il placebo, nel secondo caso non lo sanno nemmeno i ricercatori. Questo per garantire l’imparzialità dello sperimentatore nel valutare gli effetti della terapia. Per uno studio ben fatto si prendono due gruppi divisi in modo casuale, in modo che gli esiti siano randomizzati.

Pubblicato da Marta Abbà il 27 Marzo 2020