Cosa significa allevamento intensivo: caratteristiche e impatto

Cosa significa allevamento intensivo

Si sentono spesso delle polemiche e delle discussioni attorno a questo tema e per poter prendere una posizione vostra a riguardo senza farvi influenzare troppo da chi fa la voce grossa dall’una e dall’altra parte, è necessario capire cosa significa allevamento intensivo. Questa pratica ha delle conseguenze a vari livelli, ambientale ma anche economico, oltre che morale, ed andremo ad analizzare anche quelle per una presa di posizione consapevole.



Cosa significa allevamento intensivo

Detto intensivo o anche industriale, questo tipo di allevamento che in inglese prende il nome di factory farming, impiega mira alla massima produttività. Cosa significa? Mettiamoci in un’ottica imprenditoriale: massima quantità di prodotto con il minimo costo e utilizzando il minimo spazio. Per farlo utilizza tecniche sia industriali che scientifiche e di solito prevede l’impiego di appositi macchinari e farmaci veterinari.

Nella maggior parte dei paesi sviluppati questo è il modo in cui vengono allevati gli animali da cui poi si ricava la carne, le uova e i prodotti caseari che vengono poi diffusi tramite la grande distribuzione e non solo. Esistono delle alternative, ma che non sempre sono competitive se si va a valutare il rapporto qualità/prezzo. Per farci meglio un’idea di ciò che avviene in un allevamento intensivo, vediamo le caratteristiche tipiche di questo tipo di attività.

Nella maggior parte dei casi gli spazi in cui gli animali convivono sono molto piccoli e sono ammassati in gran numero, così si spreca meno spazio ed è anche più facile e comodo dare loro da mangiare. Per tenere sotto controllo gli animali e il loro stato di salute si effettuano check frequenti e si utilizzano anche farmaci e anche l’alimentazione viene monitorata a seconda del prodotto finale da ricavare.

pulcini allevamento intensivo

Origini dell’allevamento intensivo

Questa modalità di allevare gli animali si è diffusa di recente, nel XX secolo, anche se è da millenni che l’uomo fa il pastore e l’allevatore. In Italia soprattutto nel periodo del secondo dopoguerra si è iniziato a mettere in atto questa pratica, anche per il boom di richieste di carne, uova e latticini e di prodotti di origine animale che proprio in quegli anni, con il Paese in ripresa, si era registrato. Sembrava l’unico modo per rendere quei prodotti accessibili a tutti e non solo a un’élite.

Nel tempo anche questa pratica si è modificata perché sono state fatte dalla società civile delle osservazioni in merito alla tutela degli animali all’igiene e alla qualità dei prodotti. Un allevamento intensivo del dopoguerra non è certo paragonabile con uno di quelli che oggi si possono vedere attivi in Paesi come l’Italia ma nel mondo esistono situazioni molto diverse. Sicuramente le normative europee introdotte a partire dagli anni ’90 hanno reso il nostro continente uno dei più virtuosi perché hanno vietato esplicitamente molte pratiche ancora largamente in uso anche negli Stati Uniti.

Cosa_significa_allevamento_intensivo

Allevamento intensivo: opinioni

Oggi più che mai, anche perché si conoscono meglio le pratiche che vengono attuate in questi allevamenti, ci sono parecchie critiche contro questo modo di trattare animali, sia di tipo etico che ambientale e a livello di igiene e salute.
Il mondo degli animalisti si focalizza soprattutto sul rispetto del benessere degli animali che non verrebbero particolarmente rispettati e, anzi, sarebbero sottoposti a pratiche che a volte in alcuni paesi sono diventate anche illegali. Si parla di amputazioni, costrizione in spazi microscopici tanto da causare atrofia muscolare, vita al buio 24 ore su 24.

Non mancano le critiche anche relative alla salute, questa volta di chi mangia i prodotti così ottenuti, e in generale all’igiene. Da un lato il contesto industrializzato dovrebbe garantire un grado di igiene maggiore di quelli più contadini ma l’uso dei farmaci rende molto perplessi. C’è chi ritiene che questo possa causare porti la diffusione di nuove forme di batteri resistenti a tali medicinali. C’è chi sostiene inoltre che, al di là dei farmaci e delle malattie, ci sia anche una forte differenza di qualità della carne quando si passa all’allevamento industriale, cosa che alla lunga può causare dei problemi di salute a chi ne consuma molta. Questo si spiegherebbe con il fatto che gli animali mangiano diversamente, e molto spesso farine poco sane, e stanno in ambienti molto limitati.

Veniamo all’impatto ambientale che questo tipo di allevamento ha a livello globale. Questi siti producono un’enorme quantità di rifiuti di origine chimica e animale che poi risultano concentrati in aree di limitata estensione. In queste situazioni c’è sempre il rischio di andare a contaminare le falde acquifere, di creare polvere, di far accorrere insetti e produrre cattivi odori nella zona circostante. Inoltre per sostenere un allevamento del genere servono molte risorse che vengono “rubate” al territorio, questo allarme riguarda soprattutto l’acqua. L’allevamento intensivo può anche aggravare la situazione del riscaldamento globale e della deforestazione perché bisogna fare spazio a monocolture dei mangimi.

Anche in economia possiamo vedere gli effetti di questo tipo di pratiche, soprattutto in quelle dei Paesi in via di sviluppo. Qui si rischia la scomparsa dell’allevamento tradizionale e quindi un problema di occupazione

Allevamento intensivo in Europa

L’Europa negli anni è intervenuta più volte per cercare di limitare le conseguenze dannose di questo tipo di allevamento. Ha dato indicazioni relative al livello di igiene e all’alimentazione negli allevamenti e ha regolamentato l’uso di farmaci, anche degli antibiotici che possono essere impiegati solo in caso di malattia dell’animale, e degli ormoni, vietati.

Anche i reflui aziendali sono un aspetto molto importante da tenere in conto perché sono difficili da gestire a livello ambientale e possono creare dei veri propri disastri. Esistono oggi in Europa delle norme molto rigide a riguardo, ad esempio per i nitrati.

Anche per il benessere degli animali si è data da fare mettendo diversi paletti in merito alle pratiche che possono o meno essere svolte ed eliminando quelle considerate crudeli. Se siete interessati a questo tipo di temi vi consiglio un libro scritto da un bravissimo scrittore che ha scelto di prendere posizione sul tema. Si intitola Possiamo salvare il mondo prima di cena”.

Pubblicato da Marta Abbà il 8 Marzo 2020