Anamorfosi: di cosa si tratta

anamorfosi

Anamorfosi, quando un’immagine fortemente distorta come per magia quando viene osservata da una particolare posizione, molto inclinata rispetto al suo piano, acquista una “vera forma”. Cosa c’è sotto? Una tecnica di illusione ottica che proietta l’immagine su piano in modo distorto e solo distorcendo, in un certo senso, anche il nostro punto di vista, possiamo “ricostruirla”.

Ecco, infatti: anamorfosi dal greco ἀναμόρϕωσις, significa proprio “forma ricostruita”. Il soggetto da ricostruire, può essere una figura piana, una qualsiasi immagine dipinta o disegnata in 2D, oppure un oggetto tridimensionale e in questo caso, se guardato dal punto giusto, verrà percepito in 3D.



 

Anamorfosi: come funziona

L’anamorfosi si basa sul fatto che, con qualche semplificazione che mi concedo, nella visione prospettica monoculare noi vediamo le immagini come se fossero proiettate su un piano trasparente verticale. Quindi, preso un triangolo verde verticale, può essere l’immagine sia di un triangolo realmente verticale, sia di un triangolo orizzontale lunghissimo e “proiettato” dall’effetto prospettico sopra citato.

Ripercorrendo all’inverso il processo, quindi, si arriva al fatto che realizzando immagini orizzontali, appoggiate sul pavimento ad esempio, lunghissime, esse possono sembrar svettare verso l’alto. Questa “magia” ipnotica si ripete all’infinito ogni volta che ci sono le condizioni, per cui possiamo anche avere più forme distribuite su più superfici che, viste dall’angolo giusto, vanno a comporre una sola forma con caratteristiche nuove e sorprendenti.

Si parla di anamorfosi ottica quando l’immagine sul piano deve essere osservata da una posizione inclinata, un effetto ottenuto con le regole della prospettiva applicata in senso inverso. L’anamorfosi è detta catottrica, invece, quando per cogliere la vera figura è necessario essere muniti di uno specchio curvo.

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Anamorfosi: arte

Prima di capire meglio come ottenere anamorfismi e le varie tipologie, scopriamo come ne siamo circondati, oggi, e dai tempi dei tempi. Il primo a sperimentare questa bizzarria, già nel XVI secolo, è stata guardate caso proprio il nostro Leonardo, ad esempio nel suo “Gli ambasciatori di Hans Holbein il Giovane” osservando dalla destra “estrema” si nota un teschio. Poi c’è stato un allievo di Dürer, Erhard Schön (1491-1542), il più prolifico realizzatore di ritratti anamorfici di personaggi illustri.

Nella prima metà del ‘500 l’anamorfosi ottica ha spopolato nel Nord Europa, sopratutto, dove serviva per custodire segreti di natura religiosa, politica o erotica. L‘anamorfosi è piaciuta anche agli artisti del Seicento, in età barocca a Roma viene realizzato anche un affresco lungo ben 6 m da Emmanuel Maignan a Trinità dei Monti, dove si nasconde San Francesco di Paola in preghiera.

In un’altra chiesa della capitale, in quella di Sant’Ignazio di Loyola, c’è un altro anamorfismo firmato dall’artista seicentesco Andrea Pozzo. Passando agli artisti contemporanei, la scelta è difficile, ce ne sono di straordinariamente creativi, dall’inglese Julian Beever, che dipinge su pareti o marciapiedi, allo street artisti in 3D Leon Keer, poi c’è Edgar Mueller, “specializzato in baratri e voragini spaventose” sui marciapiedi. Su carta, a divertirsi con l’anamorfosi, ci sono l’italiano Alessandro Diddi e l’olandese Ramon Bruin.

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Anamorfosi: tecnica

La tecnica dell’anamorfosi non può prescindere da un osservatore e dal suo punto di vista. Il disegno deve essere realizzato secondo il suo guardo. In generale vale che più l’oggetto da disegnare si trova in basso rispetto all’osservatore, meno la prospettiva deve essere forzata in lunghezza. Più l’oggetto si alza verso la nostra linea visiva, invece, più dobbiamo allungandolo sul piano di disegno per ottenere un anamorfismo credibile e bello.

Ancora più in generale oggi possiamo realizzare immagini anamorfiche in due modi. Se procediamo dobbiamo basarci sulle regole della prospettiva, scegliendo prima particolari punti di vista e punti di fuga insoliti e poi agendo di conseguenza nel tracciare le linee. Si può anche realizzare anamorfismi per riflessione deformando l’immagine entro un settore circolare. Per “leggere” l’effetto dell’anamorfosi quanto disegnato va riflesso su un cilindro o su un cono.

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La tecnica dell‘anamorfosi è molto usata nel cinema, nel teatro e nel settore pubblicitario. AL cinema in particolare con il CinemaScope l’anamorfismo serve per riprendere con un formato di schermo con rapporto base/altezza differente da quello della pellicola attraverso l’uso di lenti anamorfiche, messe al momento della ripresa.

Incappiamo nel’anamorfosi camminando per strada ogni giorno, e non sto parlando degli artisti di prima bensì delle scritte per segnalazioni sul manto stradale, ad esempio: hanno caratteri deformati e allungati per essere a una certa distanza leggibili. Anche le scritte pubblicitarie disegnate sui campi da gioco sportivi sono apposta distorte sul suolo per apparire dritte dal punto di vista delle telecamere.

Anamorfosi cilindrica

La versione anamorfosi di una immagine può essere realizzata in modo che per ricomporre la figura originale, nelle proporzioni corrette, sia necessario osservarne il riflesso tramite specchi, cilindrici o conici. Si chiamano anamorfoscopi.

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Costruire anamorfismi per riflessione non è difficile e si procede come per l’anamorfosi “classica”: con una griglia geometrica in cui disegnare il soggetto indicando le coordinate per ogni porzioncina. Poi fase per fase si prosegue, stavolta con il compasso traccia per realizzare un secondo schema a settore circolare, con porzioni stavolta ottenute tracciando i raggi a intervalli regolari.

A questo punto si deve riportare l’immagine scelta in modo capovolto in questo settore circolare basandoci sulle coordinate con l’accortezza di curvare leggermente verso il basso i segmenti rettilinei. E’ quasi fatta: mettendo al centro del settore un cilindro in metallo poi basta guardare e comparirà l’immagine rispecchiata con le giuste proporzioni.

Il teorico di questa tecnica è il religioso francese Jean François Niceron. Oggi sembrano giochetti questi disegni con anamorfosi ma ai tempi erano molto utili. Lo racconta lo scienziato, artista e politico Pietro Accolti: nel suo XVII secolo l’anamorfosi era un’ottima tecnica più che di illusione di elusione. Per eludere controlli e inviare messaggi segreti, camuffati in innocue missive e da poter cogliere solo se si ha in mano uno specchio o posizionandosi rasenti al foglio.

Anamorfosi prospettica

Per realizzare immagini con anamorfosi prospettica è necessario ribaltare il senso della prospettiva. Prendiamo quindi le note leggi geometriche utilizzate per una prospettiva normale e trasgrediamole rovesciandole completamente.

Per l’anamorfosi quindi la posizione del punto di vista deve essere fortemente laterale, il punto di distanza, inoltre, molto vicino al punto principale tanto da obbligare chi osserva ad appoggiare quasi il naso sul disegno. E poi si deve anche aumentare in modo esagerato l’altezza dell’orizzonte. Queste bizzarrie rivoluzionarie, queste trasgressioni da anamorfosi, costringono chi guarda, per decifrare l’immagine, a usare un occhio solo, collocandolo esattamente nella posizione innaturale prevista dall’anamorfista.

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Anamorfosi: software

Oggi con le anamorfosi, ottenute da semplici software, si possono creare altre sorprendenti illusioni ottiche spaziali, sia al chiuso che all’aperto. Un mago contemporaneo di queste tecniche software è lo svizzero Felice Varini che propone forme geometriche e architettoniche quasi fluttuanti architetture. Già dal 2001 esiste un software dedicato all’anamorfosi sia per Java sia per Windows.

Si chiama “Anamorph Me!” ed è in grado di produrre trasformazioni anamorfiche sulle immagini. Legge un input nei formati più comuni e propone una serie di loro trasformazioni anamorfiche anche cilindriche e accessibili con specchio conico.

Software a parte, tornando coi piedi per terra e carta e matita in mano, per creare qualsiasi anamorfismo a terra o sulle pareti c’è il videoproiettore! Basta proiettare l’immagine su una superficie in modo radente e ricalcarne i bordi.

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Pubblicato da Marta Abbà il 23 Febbraio 2016