Tamerici: coltivazione e uso

Tamerici

Le Tamerici sono famose grazie alla poesia “La pioggia nel pineto” di Gabriele D’Annunzio ma non releghiamole ai libri di letteratura perché si tratta di piante ornamentali molto gradevoli che possono dare molte soddisfazioni. Andiamo quindi a scoprire, al di là dei versi del poeta, le reali caratteristiche di questo genere e come coltivarlo.



Tamerici: descrizione

Chiamata anche Tamarix, è un pianta arbustiva appartenente alla famiglia delle Tamaricaceae che è originaria delle zone costiere dell’Europa meridionale, India e Cina. Munita di un importante e robusto apparato radicale, questa pianta raggiunge l’altezza di circa 7 metri innalzandosi al cielo con un tronco di colore rosso scuro e molto nodoso. I rami sono molto lunghi ma anche sottili e sorreggono una chioma molto elegante e di considerevoli dimensioni. Le foglie delle Tamerici non sono molto grandi, assomigliano a degli aghetti di forma triangolare e si trovano disposti come a spirale. Sono sottili ma hanno una consistenza carnosa.

Nella tarda primavera, ma prima che inizi l’estate, spuntano anche i fiori che sfoggiano un magnifico colore rosa e formano delle grandi macchie di colore. Non sono fiori grandi ma si raggruppano in spighe e hanno un profumo molto delicato ma che non passa inosservato. Poco dopo i fiori arrivano anche le bacche che contengono i semi e sono marroni a forma di piramide.

Tamerici: utilizzo

A tutti sembra di conoscere questa piante, sempre per via di D’Annunzio, ma in verità non sono molti coloro che la hanno in giardino e che saprebbero come usarla. La possiamo trovare impiegata come pianta per siepi frangivento nelle zone ventose vicino al mare oppure come pianta da terrazzo. Può essere coltivata molto facilmente anche nei giardini dove forma dei viali o dei boschetti. Più raramente, possiamo trovare le Tamerici utilizzate come fossero bonsai, soprattutto se appartengono a delle specie particolari: la Juniperina, la T. parviflora e la T. ramosissima. 

Non scordiamo che la corteccia può essere una fonte di sostanze tanniche e che le api amano molto queste piante anche se il miele che si produce è in piccole quantità.

Tamerici

Tamerici: coltivazione

Le Tamerici devono poter stare in luoghi luminosi e soleggiati per molte ore al giorno, amano il caldo anche se sono in grado di resistere al freddo, l’unica cosa che può fregare questa pianta sono le gelate tardive.

Il terreno migliore è quello mescolato con la sabbia e ben drenato, da concimare però almeno ogni 2 o 3 anni, in primavera o in autunno, con un fertilizzante organico ben maturo. Non serve annaffiare le Tamerici, inoltre, perché riescono ad arrangiarsi con l’acqua piovana di solito. Solo nei primi anni di vita è necessario irrigarle regolarmente, soprattutto nella stagione più calda e nei periodi di prolungata siccità.

Tamerici: potatura e moltiplicazione

Per ottenere una chioma folta e generosa è molto importante ricordarsi di potare questa pianta per farla ringiovanire ma anche per favorire la fioritura. Si agisce di solito sui rami secchi e su quelli troppo lunghi. In primavera viene poi il momento della moltiplicazione della Tamerici che avviene per seme. In alternativa si può anche utilizzare le talee ma in autunno, prelevandole con delle cesoie ben affilate per poi sistemarle a radicare in un miscuglio di sabbia e torba.

Tamerici: malattie

I peggiori nemici di questa pianta sono il mal bianco, detto anche oidio, che compare quando il clima è eccessivamente umido, e poi un parassita come la Metcalfa oltre alle larve dei rodilegno che scavano vistose gallerie nel tronco e sui rami.

Tamerici in poesia

Abbiamo citato D’Annunzio come poeta che ha reso famose questa piante che devono però molto della loro fama anche al bravissimo Giovanni Pascoli. La sua prima raccolta di poesie si intitola “Myricae”, parola latina utilizzata anche da Virgilio per indicare i suoi carmi bucolici, parola che significa tamerice.

Non possiamo dimenticare il terzo poeta che la nomina e che non è certo meno importante di quelli citati finora. Si tratta di Eugenio Montale che nella sua composizione “Fine dell’infanzia”, presente nella raccolta, cita così la pianta: “non erano che poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide…”.

Anche Virgilio, nelle sue Bucoliche, le cita – “Non va tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici” – e nell’Iliade Omero fa inciampare Adrasto, incalzato da Menelao, con un cavallo, proprio in un cespuglio di tamerici. Terminiamo con una citazione più moderna, all’interno di un videogioco, di “Age of Mythology”, dove la Tamerici è l’albero all’interno del quale si trova un pezzo del corpo di Osiride.

Se vi è piaciuto questo articolo continuate a seguirmi anche su TwitterFacebook e Instagram

Pubblicato da Marta Abbà il 12 Aprile 2019