Cattleya: storia e coltivazione

Cattleya

Quelle che appartengono al genere Cattleya sono piante originarie delle zone tropicali del centro e del sud America, sono piante molto rustiche e non hanno esigenze particolari in fatto di coltivazione. A questo genere appartengono oltre sessanta specie caratterizzate dalla presenza di pseudobulbi dotati di una o due foglie piuttosto spesse e decisamente verdi. Il portamento è orizzontale e questi pseudobulbi spuntano da un fusto rizomatoso, uno dopo l’altro, facendo poi da sostegno alle infiorescenze.



Nella maggior parte dei casi i fiori spuntano al termine degli steli e si riuniscono in gruppetti da due ma anche da dieci, sono fiori muniti di peduncolo e spuntano dall’apice dello stelo.

Come in molte altre orchidee troviamo una sola antera, nel sole, che ha al suo interno quegli organi tondeggianti che contengono a loro volta il polline o meglio le pollinodi, otto per la precisione, ma quattro di esse sono sterili. Le dimensioni del fiore delle Cattleya sono considerevoli, è composto da petali e da sepali che hanno dimensioni molto simili e hanno anche lo stesso colore a differenza del labello che invece spicca per le sue sfumature in contrasto con il resto del fiore e per le sue dimensioni notevoli. Il labello ha anche dei particolari bordi ondulati e sfrangiati.

Classificare le Cattleya è piuttosto problematico, è da tempo che ci si prova e finora non si è fatto altro che distinguere tutti le specie che fanno parte di questa categoria in due macro aree. Si parla di orchidee monofoliate e di orchidee bifoliate.

Nel primo caso queste piante mostrano una sola foglia e producono fiori di grandi dimensioni rispetto a quelli dell’altra categoria, ma in media ne producono meno delle orchidee bifoliate con due ma anche tre foglie, a seconda della singola specie considerata.

Cattleya: storia

A scoprire questo genere di orchidee nel 1924 è stato uno studioso di botanica dal nome di John Lindley. A chiamarlo in aiuto fu William Cattley di Barnet, ricco coltivatore inglese e appassionato collezionista di piante esotiche, che si trovò nelle mani delle piante a lui ignote e desiderò saperne di più. Beata curiosità. Più che di piante di trattava di foglie che gli erano state spedite da lontano, erano impiegate come imballaggio ma Cattley le coltivò riuscendo a farle fiorire.

A questo punto chiamò il nostro Lindley che riuscì a classificare il nuovo genere associandogli il nome di Cattleya in onore del britannico appassionato. Anche se non è molto conosciuto, in Europa, il genere Cattleya è nem noto in altri luoghi ed è addirittura il fiore nazionale in alcuni paesi del Sud America. In Colombia troviamo la Cattleya Trianae, in Venezuela la Cattleya Mossiae e in Costa Rica la Cattleya Skinnery.

Cattleya

Cattleya: coltivazione

Per coltivare le orchidee Cattleya è necessario poter garantire loro un ambiente non troppo freddo, in cui ci siano più di 13°C anche di notte, la temperatura massima non deve però superare i 23°C, in inverno, i 30°C in estate. Quando si parla di temperature, è importante anche prendere in considerazione lo sbalzo termico che non deve essere maggiore di 5°C tra il giorno e la notte.

Quando posizioniamo le Cattleya facciamo in modo che non debbano subire delle fredde correnti d’aria ma allo stesso tempo che si trovino in un ambiente ventilato. Anche la luce deve essere garantita a queste piante tropicali che ne hanno bisogno davvero tanta per poter fiorire bene. In particolare la luce del sole deve essere tanta nelle ore del mattino, meno nelle altre ore della giornata, soprattutto in quelle centrali in cui il sole picchia più forte.

Se abbiamo una pianta del genere Cattleya in casa, posizioniamola vicino ad una finestra esposta ad est o a ovest, mai a Nord perché avrebbe troppa luce. A Sud possiamo provare ma solo se la si protegge dalle insolazioni. Quando ci prendiamo cura di una orchidea Cattleya dobbiamo stare attenti che il terreno non si secchi quindi innaffiamola spesso, con quantità di acqua che devono essere proporzionate alle dimensioni del vaso. Anche l’ambiente in cui la pianta è immersa deve essere sempre umido: è fondamentale!

In un certo senso la cosa migliore sarebbe quella di riprodurre una sorta di foresta tropicale in casa, non è certo un’impresa semplice e magari non è nemmeno ciò che desideriamo. Come possiamo fare per far stare a suo agio la nostra orchidea? Dotiamola prima di tutto di un sottovaso con argilla espansa o ghiaia da tenere sempre immersa nell’acqua in modo che le radici non siano immerse nel liquido ma percepiscano l’umido che arriva dalla sua evaporazione.

Il tasso di umidità ottimale per questa orchidea è circa il 70% se si considerano temperature non troppo elevate, se salgono, deve salire anche questa percentuale ma diventa essenziale anche una buona ventilazione, altrimenti si formerebbero certamente dei ristagni idrici, molto pericolosi per l’orchidea. Al di là del tasso di umidità, non teniamo mai il nostro vaso troppo visino ad un termosifone.

Ogni 20 giorni dobbiamo ricordarci di concimare questa pianta, per favorirne la ripresa vegetativa serve un prodotto con una maggiore quantità di azoto mentre se siamo già a fioritura avviata, ci vuole più potassio. In forma liquida, i concimi vanno diluiti nell’acqua di irrigazione ma quando il substrato è già bagnato per evitare pericolose concentrazioni di sali minerali che danneggerebbero le radici.

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Pubblicato da Marta Abbà il 7 Febbraio 2019