Potsy: gli scenari futuribili di Plastic Food

Passeggiare tra pacchi di rifiuti, “in un paesaggio futuribile che in realtà non è poi così lontano”: è questa, l’opera di Potsy,  (Pierluigi Monsignori Potsy www.plasticfood.it )  lo sfondo per una passeggiata “eco-consapevole”, l’invito ad una riflessione semplice: dobbiamo ridurre la produzione di rifiuti. In giardini, parchi piazze e strade, Potsy propone “Plasti Food”, l’ultima di una serie di opere iniziata nel 2000 e dedicate ai polimeri, convinto che l’uomo viva un amore non corrisposto con questo meraviglioso ed oramai insostituibile materiale che ha radicalmente cambiato positivamente la qualità della nostra vita. Ma dobbiamo fare molta attenzione a non utilizzarli inutilmente”. Anche l’arte ce ne fa rendere conto.

1) Come è nata l’idea di Plastic Food ? Con quale obiettivo?

“Plastic Food” rappresenta ciò che vivremo, ciò che ci attende e che purtroppo in altre regioni e già passato-presente: una società che cannibalizza certezze, che cerca in tutti i modi di sostituirsi alla normale natura di tutte le cose, viventi e semplici, in una logica di profitto perversa che alla fine ci si è ritorta contro.

L’installazione Plastic Food è un invito per chi produce e chi consuma ad avere un atteggiamento eco-consapevole riguardo la produzione dei rifiuti. E’ anche un invito ad una passeggiata in un paesaggio futuribile purtroppo presente, che ci sembra distante, ma che in realtà non è poi così lontano. Una riflessione semplice: dobbiamo ridurre la produzione di rifiuti. Non possiamo più attendere che l’inconsapevolezza di un futuro distratto tolga ai nostri figli il quotidiano a noi familiare: passeggiare in un campo con l’erba appena tagliata, sentire il leggero profumo delle presse di fieno ci riporta al contatto con la natura e questa deve essere un’eredità per tutti.

2) Quanto ci ha messa a realizzarla?

Realizzare “Plastic Food” é stato molto complesso poiché non é un opera che si può appendere in casa ed é densa di contenuti che variano dal luogo e dal contesto nel quale si installa. Le difficoltà logistiche sono abbastanza chiare, e non ultimo serve la voglia di cambiamento, riguardo ai rifiuti, del Comune o del soggetto che ospita l’opera.



3) L’opera si inserisce in un percorso iniziato dal 2000, quale? 

L’installazione di land art “Plastic Food” è l’ultima di una serie di installazioni iniziata nel 2000, caratterizzate dall’utilizzo di materie plastiche. Sono convinto che l’uomo viva un amore non corrisposto con questo meraviglioso ed oramai insostituibile polimero.
I Polimeri hanno radicalmente cambiato positivamente la qualità della nostra vita, ma dobbiamo fare molta attenzione a non utilizzarli inutilmente. Opere precedenti come Campi Plastic, Plastic Minds, Natural White e Plastic Flower ne sono l’essenza.

Purtroppo nell’ottica di un consumismo sfrenato e privo di eco-consapevolezza forse siamo arrivati ad un punto di non ritorno per il quale un’invenzione dell’uomo che avrebbe dovuto migliorare la nostra condizione, come la plastica, sta velocemente gettando l’evoluzione umana in un cassonetto dei rifiuti.

4) Che reazioni ha registrato mostrando Plastic Food?

Ci sono oltre 40 artisti in tutto il mondo che costantemente si uniscono al progetto e dedicano opere a Plastic Food e tante persone che contribuiscono con la loro presenza.

Ho invitato gli artisti a cercare di utilizzare le proprie capacità comunicative per contaminare la propria installazione ed aiutare il pianeta. Ogni persona che ne ha parlato, l’ha toccata, fotografata, ne ha fatto un video, l’ha usata come strumento musicale, l’ha amata, l’ha odiata, l’ha comunque contaminata in modo positivo rendendola quindi mensa comune.

C’è anche chi ha contestato il fatto che Plastic Food sembri sempre uguale a se stessa:  questo equivale a domandare ad un pittore perché continui a dipingere quadri su tela.

La mia tela è il mondo e i miei colori sono i materiali che utilizzo, nel caso di Plastic Food sono le eco presse. Con queste esprimo la mia arte, in collocazioni diverse, come centri storici o parchi, e con significati che cambiano di volta in volta.

5) Dove le piace esporre Plastic Food?

Plastic food si adegua come un essere polimorfo a qualsiasi ambiente sia interno che esterno. Ora é esposta in maniera permanente al MAC di Bahia, o all’interno della Fondazione Umbra Per l’Architettura ma é stata esposta in campi, centri storici come Perugia e Marsciano o utilizzata dalle associazioni per diritti dei consumatori all’interno di manifestazioni. O anche all’Agora del Centro Per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato. Plastic Food può essere esposta tramite piccole o grandi presse, ed e accompagnata da moltissimo materiale multimediale e di opere ad essa dedicate da altri artisti.

6) Quale ruolo può avere l’arte nel trasmettere valori “green”?

Gli artisti da sempre hanno un canale preferenziale di comunicazione di massa e quindi ritengo che in un momento storico dove tutte le certezze si perdono, l’arte ha un ruolo fondamentale nel cercare di ricollocare la speranza al centro della nostra quotidianità.

7) Ha altri progetti, svelabili, inerenti all’attenzione per l’ambiente? 

La settimana europea per la riduzione dei rifiuti, in qualche altra capitale europea, come lo scorso per Bruxelles.

Installare Plastic Food a Bruxelles è stato molto importante perché è il cuore dell’Europa moderna, il fulcro dove si decide il futuro di tutti noi. Lì è arrivato con l’opera il messaggio sulla necessità di reimpostare il concetto di produttività muovendoci verso un sistema.

Pubblicato da Marta Abbà il 29 Giugno 2012