Obsolescenza programmata e rifiuti: gatta ci cova?

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Smaltimento dei rifiuti, riciclo, riuso e obsolescenza programmata. Che ‘qui gatta ci cova’ cominciano a pensarlo in tanti e a ben guardare qualche motivo c’è: perché gli elettrodomestici di una volta duravano decenni e quelli di oggi si guastano più in fretta? Perché i riparatori si sono estinti e il prezzo dei prodotti nuovi ha toccato livelli così bassi che ‘conviene comprarne uno nuovo’ piuttosto che aggiustare? E perché nel frattempo, e qui vogliamo esser maliziosi, l’industria dei rifiuti diventa una delle più importanti del pianeta?

Una volta gli oggetti invecchiavano per conto loro, adesso invece l’obsolescenza può essere programmata. Il che significa che chi costruisce per esempio una lavatrice sa dal principio che tra tot anni quell’oggetto si guasterà, oppure si farà di tutto per metterlo ‘fuori moda’, e il consumatore sarà spinto a comprarne un altro preoccupandosi inoltre di smaltire il vecchio.

A chi conviene? L’obsolescenza programmata, che non è un concetto nuovo visto che la definizione risale al 1932, conviene ai produttori per garantirsi una produzione costante in conseguenza del ricambio. A volte, e qui il gioco si fa sporco e decisamente attuale, si tratta di quegli stessi produttori che sbandierano il proprio impegno nello smaltimento dei rifiuti, settore e attività in cui si preoccupano di essere ben presenti.

Si può fare? Una strategia di obsolescenza programmata può essere attuata in modo legale, ma non è mai corretta nei confronti del consumatore. Non è illegale mettere in commercio prodotti realizzati con materiali di bassa qualità, che si consumano in fretta o che non hanno pezzi di ricambio, e non lo è nemmeno attuare campagne marketing che incentivano il ricambio ogni due anni puntando sulla moda o su fattori emotivi. Correttezza e buon senso sono un’altra cosa.

Attraverso l’obsolescenza programmata, fatta di prodotti scadenti programmati per rompersi ma anche di prezzi bassi (il che la rende accettabile dai consumatori soprattutto in tempi di crisi) si finisce per incentivare la catena dell‘usa e getta che alimenta a dismisura l’industria dei rifiuti. La produzione ha bisogno dello smaltimento e quest’ultimo, che a sua volta diventa un business, ha bisogno di una produzione sempre rapida. È il gatto che si mangia la coda, con effetti disastrosi per l’ambiente.

A proposito dell’obsolescenza programmata c’è chi ha cominciato a parlare di ‘crimine contro l’ambiente’ e per fortuna si sono accesi i riflettori. Lo scorso giugno al parlamento francese è arrivata la proposta firmata da associazioni di consumatori e ambientalisti per il prolungamento della garanzia degli elettrodomestici in cui si propone addirittura l’istituzione del reato di obsolescenza programmata. Anche in Germania i Verdi se ne stanno occupando e forti di uno studio realizzato da esperti sostengono che l’obsolescenza programmata sottrae alle tasche dei consumatori tedeschi ben 100 miliardi di euo l’anno.

E in Italia? Una proposta di legge contro l’obsolescenza programmata l’ha presentata (ottobre 2013) il gruppo SEL alla commissione attività produttive, commercio e turismo della Camera dei Deputati. Il contenuto, come nel caso del precedente francese, si basa sul prolungamento della garanzia dei prodotti, da 2 a 5 anni per i beni consumo fatta eccezione per quelli per cui il ciclo di vita è necessariamente superiore almeno fino a 10 anni (elettrodomestici e automobili per esempio). Si chiedono inoltre garanzie sulla disponibilità dei ricambi, possibilità di riparazioni e sanzioni per costruttori che non si adeguano.

Pubblicato da Michele Ciceri il 23 Ottobre 2013