Australopiteco Lucy

Australopiteco Lucy

L’australopiteco Lucy è diventata un personaggio, è considerata la nostra bisnonna e osservandola cerchiamo di riconoscerci andando alla ricerca delle nostre origini. E’ esistita davvero? Chi ne ha trovato i resti riuscendo a immaginarne le sembianze.

Cosa è cambiato in noi e nel nostro modo di raccontare l’evoluzione dell’umanità da quando sappiamo che l’australopiteco Lucy è esistito. Andiamo a scoprirlo pronti per un viaggio nel passato molto affascinante.



Australopiteco Lucy

Lucy. Sì, le abbiamo dato perfino un nome. Quando si chiama qualcuno con un nome proprio, lo si battezza, significa che ha una certa importanza per noi ed effettivamente l’australopiteco Lucy ce l’ha. La chiamiamo amorevolmente la “nostra bisnonna” ma di fatto è l’ominide più famoso mai ritrovato. Da quando abbiamo scoperto i suoi resti è cambiato il nostro punto di vista sull’evoluzione della specie umana. Se il 24 novembre vi ricordate, festeggiate l’anniversario della sua scoperta.

È una data importante sia per Lucy, sia per noi e tutti coloro che ogni giorno in silenzio ricercano e si parla di loro solo in occasione di grandi scoperte come di fatti quella di cui oggi trattiamo. Scoperte disruptive, che cambiano la vision e il punto di vista sia dal punto di vista personale e sociologico, sia dal punto di vista scientifico.

Andiamo a scoprire come Lucy è venuta alla luce. Siamo nel periodo compreso tra il 1973 e il 1977, siamo nei giacimenti fossili della regione di Afar, nel bacino dell’Hadar, a una sessantina di chilometri da Addis Abeba in Etiopia. Proprio da queste parti un team di ricerca portò alla luce migliaia di frammenti fossili di ominidi vissuti 3-4 milioni di anni fa. Molto materiale da studiare e analizzare, ma il “botto”, la scoperta di Lucy, risale al 24 novembre del 1974.

Cranio Australopiteco Lucy

E’ stata attribuita al paleoantropologo Donald Johanson che trovò un fossile di un osso, probabilmente di un braccio. Scavando con massima cura e grande curiosità, trovò poi lo scheletro più completo di un antenato umano antico di oltre 3 milioni di anni che mai si fosse visto. Si trattava di ben 52 ossa tra cui quelle degli arti e della mandibola, vi erano poi alcuni frammenti del cranio, pezzi di costole e di vertebre. Le numerose ossa del bacino trovate hanno permesso poi di individuare il sesso dell’ominide a cui apparteneva o scheletro: era una femmina ed ecco che fu battezzata Lucy in onore della canzone dei Beatles che probabilmente piacevano molto ai ricercatori del tempo.

Il bacino e tutte le altre ossa ci hanno fornito una informazione importante. Già 3,2 milioni di anni fa l’uomo aveva conquistato la postura eretta. Oggi sembra scontato ma è il caso di parlare di una vera e propria conquista per l’umanità.

Sempre osservando lo scheletro di australopiteco, misurandolo e cercando di completarlo mentalmente, si arrivò a dire che Lucy aveva un cervello era un po’ più grande di quello di uno scimpanzé, il viso prognato, un naso schiacciato e la fronte sfuggente. Gli arti superiori erano lunghi ma lei di fatto era alta circa un metro, pesava probabilmente 25 kg. Dallo spessore dello smalto dei denti è stato possibile anche fare una ipotesi sulla dieta del tempo, una dieta a base di cibi piuttosto coriacei, probabilmente radici.

Australopiteco Lucy: come è morto

È difficile stabilire la causa della morte dell’australopiteco Lucy per via dell’antichità delle ossa ritrovate, ma in merito, c’è sicuramente più di un’ipotesi.

Alcuni studiosi sostengono che considerato il ritrovamento di altri frammenti relativi a corpi appartenenti almeno a 13 diversi individui nella stessa zona, è probabile che Lucy sia stata vittima di una catastrofe naturale insieme a tutti gli altri. Questo fatto dimostra la tendenza dell’australopiteco a vivere in gruppo.

Un’altra ipotesi sulla morte di Lucy individua come causa la caduta da un albero. A questa conclusione si è giunti dopo un’accurata analisi delle sue ossa, che presentavano una serie di fratture.

Questa ipotesi sarebbe la prova che Lucy, nonostante camminasse in posizione eretta, era un ominide che saliva sugli alberi.

Australopiteco: significato

Con il termine di australopitechi (Australopithecus) si vogliono indicare gli esemplari appartenenti ad un genere estinto di primati della famiglia degli ominidi, che si ritiene appartenente alla linea evolutiva dell’uomo. Il nome significa “scimmia del sud”, deriva dal latino australis, “meridionale”, e dal greco πίθηκος, che significa “scimmia”.

Australopiteco africano

Si parla di australopiteco africano perché di fatto è proprio in questo continente che è stata provata la loro presenza. Siamo tutti di origine africana, che la cosa piaccia o meno, è un fatto comprovato.

Abbiamo i primi australopitechi all’incirca 4,2 milioni di anni fa, in particolare l’Australopithecus anamensis, che nella sua evoluzione si è diffuso in Africa, fino ad estinguersi completamente circa 2 milioni di anni fa.

Australopiteco nella scuola primaria

Per spiegare la storia, la preistoria e le origini della specie a dei bambini in età scolare la cosa migliore è portarli in gita. In Africa? No, più semplicemente presso il Parco della Preistoria di Rivolta d’Adda, in provincia di Cremona, che ospita varie ricostruzioni di Australopithechus.

Australopiteco africano

Questo parco naturalistico di oltre 100 ettari di bosco secolare è situato nella periferia di Rivolta d’Adda (CR) ma a soli 20 km ad est di Milano, oltre a quella dell’ australopiteco, ospita almeno una trentina di ricostruzioni di animali preistorici, un centinaio di animali selvatici in semilibertà, un itinerario botanico con piante segnalate, ricostruzioni di ambienti naturali come la palude.

Per le gite scolastiche è una meta perfetta ma anche per le gite in famiglia, lo è. Ci sono aree pic-nic attrezzate, bar, parchi giochi, un labirinto, mostre fossili, trenino turistico.

Pubblicato da Marta Abbà il 25 Novembre 2020