In risposta agli eventi sociali e politici degli ultimi anni sono molte le aziende che hanno rinnovato il proprio impegno a tutelare diversità e inclusione sul luogo di lavoro. Sebbene si tratti di temi già in parte dibattuti, che ciò che rende unica e diversa ogni persona è ancora troppo spesso motivo di discriminazioni dirette o indirette e di trattamenti penalizzanti. Anche alla luce del dibattito emerso in occasione del Pride 2023, è quindi utile esaminare a che punto sono le aziende italiane e considerare la strada che ancora bisogna percorrere in termini di inclusione.
Secondo la guida alla diversity aziendale pubblicata da Pens.com, solo il 46% delle aziende italiane afferma di aver implementato un programma di Diversity & Inclusion (D&I), mentre il 63% delle aziende che al momento non hanno ancora sviluppato un programma D&I prevedono di farlo nel prossimo futuro. Tra le aziende che non prevedono di adottare una strategia a tal fine, il 53% dichiara di non percepirne alcun valore aggiunto, il 27% non dispone delle risorse o delle competenze per affrontare il tema, il 20% fornisce una ragione specifica.
Nello specifico, le aziende italiane sono maggiormente attive nell’attuazione di iniziative per la parità di genere. Il 60% delle aziende affronta concretamente il rischio di marginalizzazione legato alla disabilità, mentre il 58% delle imprese prevede misure contro le discriminazioni generazionali. Solo il 44% investe in iniziative volte a ridurre le discriminazioni dovute all’orientamento sessuale dei dipendenti. Rispettivamente il 26% e il 22% è attivo nell’area di diversity relativa all’origine geografica e alla religione dei dipendenti.
In base al rapporto ISTAT 2022, all’interno della comunità LGBTQIA+, una persona su cinque ritiene che il proprio orientamento sessuale l’abbia svantaggiata nel corso della sua vita lavorativa in termini di avanzamenti di carriera e crescita professionale. Il 40,3% inoltre afferma, riguardo al proprio lavoro, di aver evitato di discutere della propria vita privata per nascondere il proprio orientamento sessuale, con un’incidenza più alta tra le donne. Le attività a sostegno della diversity LGBTQIA+ più comuni tra le aziende italiane comprendono iniziative di formazione e sensibilizzazione, la promozione di campagne social e l’organizzazione di corrispondenti eventi aziendali.
L’importanza della diversità e inclusione non è limitata alla salvaguardia dell’integrità economica ed etica dei grandi brand, ma riveste un ruolo fondamentale anche per il successo delle piccole e medie imprese, che nel panorama italiano devono essere quanto più flessibili e proiettate all’internazionalizzazione e all’innovazione possibile. Evidenze empiriche dimostrano che una cultura lavorativa inclusiva favorisce un’atmosfera lavorativa più stimolante, una maggiore soddisfazione dei dipendenti e un maggiore spirito innovativo. Ma qual è ad oggi il livello di diversity nelle Pmi italiane? Sebbene la situazione possa essere complessa da decifrare, è chiaro che c’è ancora molto da fare.
In termini di inclusione, il 53,2% delle PMI italiane ha avviato progetti in ambito di disabilità, circa un’azienda su dieci promuove iniziative di sostegno per lavoratori extracomunitari e solo il 25,7% risulta in possesso di un codice etico o di una carta dei valori al fine di arginare episodi di discriminazione. Specificatamente alle misure di tutela e promozione della cultura LGBTQIA+, le imprese italiane con più di 500 dipendenti sembrano essere un passo avanti rispetto alle aziende di minori dimensioni. Solo il 4,4% delle PMI afferma di aver attuato almeno una misura di gestione della diversità in questo settore.
La diversità è una condizione essenziale affinché un’organizzazione o un gruppo di lavoro possa stimolare l’innovazione e considerare ogni decisione da molteplici prospettive. Rappresenta un vantaggio competitivo in termini di visibilità e di fidelizzazione sia dei clienti che dei dipendenti.
Tirando le somme, una Pmi orientata al futuro deve assicurare che le diversità tra le persone non diventino fonte di diseguaglianza e svantaggio, ma piuttosto punti di forza che consentano la creazione di un ambiente di lavoro che valorizzi il talento unico di ciascun individuo.