La cubomedusa, chiamata anche vespa di mare (nome scientifico Cubozoa), è una medusa caratterizzata di potenti nematocisti estremamente pericolosi per l’uomo e spesso con effetti letali.
I nematocisti sono organi urticanti composti da una capsula e da filamenti urticanti, utilizzati dalla cubomedusa come strumenti di difesa e per paralizzare le sue prede.
La cubomedusa si presenta come medusa a forma di campana a sezione quadrangolare (da cui prende il nome) o talvolta piramidale. Presenta lunghi filamenti ed è in pressoché trasparente e per questo motivo non è semplice vederla immediatamente sott’acqua.
La potete vedere qui sopra, nella foto di apertura di questo articolo.
La cubomedusa, conosciuta all’estero come “box jellyfish“, è diffusa soprattutto nella fascia tropicale dell’Oceano Indiano e Pacifico, in Australia e Nuova Zelanda. E’ presente anche nelle coste settentrionali della California.
Proprio in questi primi giorni di agosto la sua puntura è risultata letale per una bambina italiana in vacanza nelle Filippine, a causa dello shock anafilattico provocato alla piccola.
Le dimensioni della cubomedusa australiana possono essere molto importanti e arrivare fino a 3 metri, ovviamente includendo i lunghi filamenti.
La cubomedusa è presente in modo diffuso anche nel nostro Mar Adriatico MA con una specie chiamata Carybdea marsupialis che pur provocando intenso bruciore NON può avere effetti letali.
La cubomedusa presente nel Mar Mediterraneo è molto piccola, delle dimensioni di pochi cm, trasparente e dotata di quattro tentacoli. Le probabilità di incontrarla a riva aumentano di notte quando viene attratta dalle luci presenti sulle coste.
Il veleno è una biotossina molto potente che viene inoculata nelle prede tramite i minuscoli pungiglioni disposti lungo i tentacoli.
Qui di seguito potete vedere un’immagine che mostra gli effetti delle punture di una box jellyfish …
Il rimedio immediato più efficace, in attesa di ricevere adeguate cure mediche in un ospedale, consiste nel versare aceto sulle parti colpite, senza sfregare, ma letteralmente versandolo direttamente sulle ferite.
L’aceto ha infatti la proprietà di disattivare le tossine presenti nei nematocisti che sono venuti a contatto con la pelle ma che non si sono ancora attivati.
Del tutto sconsigliata invece è l’applicazione di alcool o altri disinfettanti perché favorirebbe l’attivazione delle tossine non ancora attive.
Il riscaldamento dei nostri mari sta favorendo una diffusione della cubomedusa, soprattutto nel Mar Adriatico, più caldo del Tirreno.
La riproduzione avviene solitamente una sola volta all’anno quando gli individui di sesso femminile conservano l’uovo fecondato in apposite tasche fino a quando non ne uscirà una larva planula, che formerà a sua volta un polipo primario.
In questa immagine tratta da Wikipedia potete vedere come è composto il corpo della cubomedusa con il nome dei singoli organi.