Batik, tessuti africani: origini e caratteristiche

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Piacciono a molti per i loro colori sgargianti, per le fantasie che danno nell’occhio e raccontano di sole, di calore e di musica allegra: i Batik, tessuti africani, stanno attraversando tutte le mode senza mai smettere di essere utilizzati in tutto il mondo. Pochi però ne conoscono la storia e le caratteristiche che stiamo per scoprire.



Batik, tessuti africani: caratteristiche

Sicuramente a caratterizzare i colori di questi tessuti africani sono i colori, sempre esuberanti e messi in forte contrasto, ma anche i disegni e le geometrie presentate hanno delle peculiarità. Vi troviamo a volte delle fantasie geometriche, altre volte invece dei richiami al mondo vegetale o animale come ad esempio elefanti, scimmie, galline, fiori e palme. In altri casi, ma più raramente, ci possono essere anche degli oggetti, molto semplici, come orologi, sedie, biciclette.

I Batik, tessuti africani, sono chiamati anche wax print, “stampa a cera” o “wax Hollandais”. Perché olandese? Fra poco lo scopriremo. Come molto spesso accade, la storia e la cultura dell’Africa si intreccia con quella dei Paesi che l’hanno colonizzata.

Batik, tessuti africani: significato

La parola batik indica anche la tecnica usata per colorare i tessuti e altri oggetti come i vasi, mediante la copertura delle zone che non si vogliono tinte tramite cera o altri materiali impermeabilizzanti: argilla, resina, paste vegetali, amido.

Il termine deriva dalle parole indonesiane amba (scrivere) e titik (punto, goccia), col significato ciò che si disegna, l’azione dell’artista per realizzarlo è detta membatik.

Tra i disegni che più frequentemente ci può capitare di trovare ci sono:

  • Cemurikan: disegno con dei raggi.
  • Kawung: simbologia numerica legata al numero quattro, rappresenta il frutto di palma da zucchero.
  • Gringsing: a scaglia di pesce.
  • Nitik: imita un tessuto indiano con piccoli punti quadrati.
  • Parang rusak: spada spezzata, riservato ai principi, nobili e ufficiali.
  • Sawat: rappresenta le ali di un uccello mitico il Garuda, è simbolo di potere.
  • Senen: bocciolo, ripete continuamente i simboli dell’energia che anima il cosmo: alberi, casa, vento, terra, viticci e animali.
  • Udan liris: pioggia leggera, segni minuti tracciati tra linee diagonali, simbolo di fertilità legato alla terra.
  • Tambal: patchwork di triangoli tutti con disegno differente.

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Batik, tessuti africani: origine

I batik che oggi vediamo, compriamo e indossiamo, sono gli African print ovvero una copia industriale dei pregiati tessuti batik caratteristici dell’Indonesia. Qui entra in gioco l’Olanda. Alcuni imprenditori olandesi che commerciavano nelle colonie asiatiche negli anni ’40 del 1800 notarono queste belle fantasie colorate e rimasero colpiti dal metodo di stampa a cera ispirato alla tecnica batik che li rendeva concorrenziali rispetto ai più costosi prodotti artigianali.

In Oriente non piacquero molto ma in Africa sì, decisamente sì. In poco tempo divennero molto popolari in tutta la parte occidentale del continente: erano versatili, grazie alla stampa double, vivaci ed eleganti ma anche in perfetta sintonia con quello che è il gusto locale. Appurato di averci azzeccato, gli imprenditori occidentali cercarono di proposto anche nell’Africa coloniale perfezionando i vari prodotti in modo che potessero essere adatti al nuovo mercato. I batik così prodotti presero il volo sul mercato fino addirittura a diventare un simbolo, uno strumento di affermazione della propria appartenenza culturale.

Batik, tessuti africani: produzione

Le aree che iniziarono a produrre questi batik sono quelle della Costa d’Avorio, del Ghana, del Senegal e dello Zaire, appena conquistarono l’indipendenza, anche se le stoffe provenienti dall’Europa erano sempre concorrenziali e a tratti predominanti sul mercato. In questo panorama, con due poli di produzione, si sono inseriti anche i cinesi che hanno cominciato a fare i loro batik a basso prezzo, attirando molti clienti.

Questo ha portato alla creazione di due mercati, uno di lusso, con tessuti di pregio e prezzi elevati, prodotti dalle aziende europee, e uno di batik molto economici e made in Cina. Per farci un’idea del tipo di azienda che si occupa di questo tipo di stoffe e del grado di lusso a cui si può arrivare nel produrle, possiamo dare un’occhiata a ciò che propone un’azienda olandese storica del settore, la Vlisco. E’ stata fondata nel 1846, in pieno periodo coloniale, ma resta tuttora uno dei leader della produzione di tessuti wax di pregio. Distribuisce in Africa, in tutte le principali metropoli, ma anche in altri Paesi, oltre che attraverso il proprio sito, curando sempre molto il proprio modo di proporsi in modo che venga rispettato il tema culturale di cui i batik sono intrisi.

Attorno a questi tessuti, sono cresciute molte iniziative che fanno eco al loro valore. Li troviamo protagonisti di parecchi popolarissimi film realizzati in Africa occidentale (le produzioni di Nollywood), ma moltissimo anche sui social che oggi sono un passaparola eccezionale. Trasmettono un senso forte di appartenenza culturale africana ma allo stesso tempo sanno essere innovativi e moderni, per cui irresistibili anche agli occhi di molti occidentali. Li troviamo infatti inseriti anche nella moda europea con combinazioni di ogni genere e per ogni gusto ma immancabilmente ci ricordano sempre l’Africa. Questi esperimenti, spesso anche di successo, comunicano il desiderio di creare un nuovo stile transculturale, da cittadini del mondo, di contaminazione positiva di diverse culture che affiancate, anche nei vestiti, possono valorizzarsi a vicenda.

Pubblicato da Marta Abbà il 26 Ottobre 2019