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Monta all’amazzone: storia ed evoluzione

La monta all’amazzone compare nel Trecento in Italia, per la precisione alla corte di Mantova, in circostanze che non sono ancora state confermate con precisione. Dovrebbe essere accaduto in corrispondenza di un nobile matrimonio ma gli esperti si dividono, alcuni ritengono che si tratti del primo matrimonio di Ludovico I, (Luigi Gonzaga), con Caterina Malatesta oppure durante il suo secondo matrimonio con Francesca Malaspina.

In ogni caso in una di queste due solenni circostanze la sposa ha aperto il corteo in sella a un cavallo da parata, un palafréno, bardato in modo molto prezioso e condotto mano da un paggio.

La sella sambue: caratteristiche

A quei tempi è utile sapere che andava “di moda” la sella “sambue” che in francese antico significa “gran lusso, sontuoso”. Si tratta di un adattamento del basto da soma su cui viene avvitato, parallelo alla spina dorsale del cavallo, un seggiolino imbottito di paglia ma molto ben decorato.

E’ infatti solitamente ricoperto di velluto e di stoffe preziose ed è perfino munito di un predellino su cui la dama può appoggiare i piedi stando seduta non come siamo soliti vedere le persone a cavallo, a gambe aperte, ma seduta lateralmente. E’ chiaro che si tratta di una sella che prevede delle andature come il passo a mano e non altre, è infatti scomoda e soprattutto anche poco sicura per la “cavaliera”, immaginatevela durante una battuta di caccia! In queste circostanze era impensabile la monta all’amazzone e si monta a “califourchon”, a cavalcioni.

Monta all’amazzone: storia

Man mano che passano gli anni si assiste ad una evoluzione della monta all’amazzone che ha inizio alla Corte di Francia, nel XVI secolo, ai tempi di Caterina de’ Medici. Questa donna, non particolarmente bella, aveva deciso di spodestare l’amante del marito che osava perfino cavalcare a cavalcioni in modo del tutto poco elegante. Chiese quindi di modificare la sambue che abbiamo illustrato prima.

Ai tempi era già munita di un pomello alto a destra per l’appoggio e una gobba al centro del sedile per assumere una posizione più verticale e più sicura. Caterina per poter seguire il marito nelle sue avventure senza perderlo di vista, fece fare una ulteriore modifica con l’aggiunta di un sostegno supplementare, una fourche o corno, per non scivolare a sinistra. Questo al posto del predellino con una staffa-pantofola “étrier-pantoufle”.

Negli anni seguenti questa modifica viene adottata sempre e poco a poco la posizione della monta all’amazzone si raddrizza: la gamba destra della “cavaliera” si gira lungo l’asse dell’incollatura, le spalle stanno perpendicolari alla colonna del cavallo. In questo modo la donna riesce ad assumere maggiore indipendenza anche a cavallo, come accade anche nel Rinascimento per quel che concerne spazi, ruoli sociali e politici fino a quel tempo riservati agli uomini.

Monta all’amazzone: evoluzione

La sella e la monta all’amazzone continuano a modificarsi nel tempo e ad evolvere a seconda delle esigenze. Si pensò di inserire ad esempio un secondo corno a destra del primo, “sella en berceau” per migliorare l’equilibrio grazie ad un intervento di François de Garsault, capitano degli Haras di Francia. Con questa nuova conformazione si poteva tenere la gamba destra tra le due fourches e quella sinistra poteva restare in appoggio su di una staffa tradizionale che ormai aveva preso il posto di quella pantofola.

C’è poi un altro corno che viene inserito, più tardi, nel 1830, un “corno da salto”, grazie a Jules Charles Pellier, che venne anche ufficializzato nelle descrizioni della monta all’amazzone, in una sorta di manuale stampato a Parigi nel 1897 “La Selle et le costume de l’amazone”. I primi tempi questi corno era fisso ma poi venne trasformato in corno mobile avvitato all’arcione perché fosse poi possibile adattare la sua inclinazione alla gamba sinistra della “cavaliera”. Questo fu un passo importante per rendere sempre più stabile la posizione della monta all’amazzone, così come oggi la conosciamo. Oggi è infatti utilizzabile con tutte le andature, anche nel salto, grazie a questo corno che permetteva l’appoggio definitivo della gamba sinistra.

Monta all’amazzone in Italia

Con la variazione della forma della sella fu possibile anche modificare l’abito delle donne che cavalcavano, per la precisione la sua lunghezza che aumentò fino a coprire i piedi della dama, atto che portò con sé diverse opinioni controverse. La monta all’amazzone da Parigi incantò tutto il mondo, si diffuse anche in altri Paesi anglosassoni e naturalmente arrivò anche in Italia.

Noi conosciamo l’evoluzione proposta da Federico Caprilli che a sua volta introdusse delle innovazioni. Grazie a lui e alle sue modifiche la monta all’amazzone divenne adatta per tutte le discipline equestri e permessa, quindi fu utilizzata anche per il salto ostacoli. Era diventata una monta del tutto ricca d’indipendenza, eleganza e allo stesso tempo modernità. Per assecondare meglio i movimenti del cavallo si fece spostare la mano, e anche il busto, in avanti e in questo modo si riuscì anche ad equilibrare la rigidità della posizione imposta dal corno.

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Pubblicato da
Marta